Il testo di Giorgio Chiosso, intitolato “I significati dell’educazione. Teorie pedagogiche e della formazione”, tratta la delicata tematica relativa ai diritti umani. L’autore spiega in modo chiaro ed esaustivo la “classificazione dei diritti”, l’importanza del rispetto di quest’ultimi e di come, purtroppo, spesso siano sconosciuti o, peggio, ignorati. Per parlare di diritti che riguardano gli uomini, ovvero i cittadini di tutto il mondo, secondo me, è necessario sapere che se non si ha la possibilità economica di spostarsi fisicamente da un posto all’altro ci si può avvalere di uno strumento che ci viene dato in dotazione sin dalla nascita: la mente. Ed è proprio con questo strumento che vorrei portare la mia riflessione in un posto lontano da noi che poi tanto lontano non è: l’Africa. L’Africa è un continente dalle mille meraviglie, forse protette anche dalla poca industrializzazione che rende il continente un luogo singolare e speciale. Ma guardando indietro, vediamo un passato burrascoso, pieno di bianchi europei e non che hanno prelevato e sfruttato ogni tipo di risorsa che la terra africana potesse offrire. Situazione di sottomissione, quindi disparità protrattasi fino ad oggi. Un bambino africano non può avere un documento che attesti e certifichi le sue generalità (nome, cognome, anno di nascita), in altre parole non può avere un’identità, e perciò non è rispettato il diritto all’ identità personale. Possedere una serie di documenti che noi consideriamo “base”, potrebbe essere per il bambino la chiave per la sua libertà, consentendogli la fuga dai soprusi di popolo straniero e, spesso, dalla stessa cultura legata a tradizioni violente e rischiose dal punto di vista sanitario. In Europa esistono numerose associazioni che raccolgono donazioni in denaro con lo scopo di aiutare ed educare i bambini africani, di costruire scuole o di garantire loro un pasto quotidiano. Sorge però in me una supposizione maliziosa. Penso che agli europei e al mondo occidentale, faccia comodo che il popolo di una terra ricca di risorse naturali e prestigiose, sia ignorante, non istruito e allo scuro dei diritti che dovrebbe rivendicare. La scarsa consapevolezza rende più semplice la manipolazione di fragili menti con false promesse. Portare le industrie in un paese fatto di lavoratori senza diritti, vincoli di età o salute, sfruttando donne e bambini ed arricchendosi sulle loro spalle è vantaggioso economicamente. Perciò accade che la parte civilizzata del mondo, quella che sancisce i diritti inviolabili, è la stessa che a riflettori spenti lo sminuisce. Sempre con la mente potremmo tornare all’Italia di oggi, quella che viviamo e respiriamo ogni giorno. A quella falsa Italia che sulla carta si professa una democrazia, piena di buoni ideali educativi, ispirata a principi che dovrebbero essere i presupposti per creare dei cittadini rispettosi degli altri e dell’ambiente. Ma effettivamente cosa significa? Come può, una istituzione fondamentale nella vita di un bambino come la scuola, aiutare in questo? Cosa si può fare affinché i diritti di prima, seconda e terza generazione vengano rispettati o quantomeno riconosciuti? Se avessi le risposte a tutto sarei in politica, però nulla è irrecuperabile secondo il mio parere. Per parlare d’attualità potremmo fare riferimento ad alcuni diritti di terza generazione. Il secondo citato da Chiosso è il rispetto all’ambiente. I bimbi fortunati nascono da famiglie rispettose che diligentemente organizzano la raccolta differenziata ed insegnano ai propri figli a non buttare le cartacce in terra. Perciò è un insegnamento che viene trasmesso dalla famiglia. Ma nel caso in cui un bambino non abbia genitori attenti ed informati sulla questione? Crescerà come un “inquinatore seriale”. Stiamo veramente facendo il possibile per difendere i nostri diritti? È una situazione che secondo me potrebbe cambiare inserendo l’educazione ambientale a scuola, “mettendo in faccia la realtà” anche ai più giovani, mostrando le conseguenze delle loro azioni non virtuose e dell’impatto catastrofico che queste hanno sull’ambiente. Il primo diritto di terza generazione citato dall’autore è il “diritto alla pace” che certamente non si può dire sia rispettato, viste due delle contemporanee guerre. Chissà! Se i capi di stato fossero stati veramente educati democraticamente al rispetto degli altri, di sé stessi e dei diritti umani, forse non ci ritroveremo un mondo disastrato. Si parla di “libertà di pensiero” in un Paese dove se promuovi la pace vieni picchiato o censurato, dove c’è una democrazia ma i politici celano in loro stessi ideologie altamente dittatoriali (o meglio fasciste), che professano di soppiatto, con i piedi felpati, per non ottenere il dissenso e continuare a manipolare l’italiano medio. In altri tempi si sarebbe proposta una rivoluzione violenta e spietata contro il governo che non rispetta i diritti del popolo. Ad oggi credo che, finché i nostri diritti sono riportati nero su bianco, il nostro compito sia quello di conoscerli e, di conseguenza, far sì che vengano rispettati a 360gradi. Dobbiamo ampliare ed espandere le nostre conoscenze, andando fuori da quelli che sono gli schemi della scuola e della cultura italiana, che vogliono convincerci che a salvare gli ebrei dai campi di concentramenti siano stati gli americani e non i russi. Dovremmo, forse, imparare ad essere individui singoli, consapevoli, formati, informati e solidi prima di buttarci in una qualsiasi comunità e contaminarla.