Serena Costantini – Quella del 25 novembre è una giornata importante, dedicata a un tema che, purtroppo, è sempre d’attualità, ossia la violenza di genere. Questa ricorrenza è stata istituita per focalizzare tutta l’attenzione dell’opinione pubblica su questo tema, che purtroppo negli ultimi anni ha interessato tanto la nostra società. Infatti qui in Italia sono molteplici i femminicidi, termine appunto con cui noi designiamo gli assassinii delle donne. Nel 2019 fino ad ora se ne contano 96, ma nel 2018 l’Italia ha raggiunto il maggior numero di tutti i tempi: 142 vittime. Significa che in media, ogni tre giorni, nel nostro Paese è stata uccisa una donna.
La nostra scuola (Secondaria di I grado di Zollino) ha voluto celebrare questa giornata con un convegno, che ha visto come interlocutori noi, ragazzi di terza, e alcuni esperti: il dottore Roberto Maniglio, la dottoressa Enza Micelli e il maestro Luigi Perrone. A turno ci hanno offerto la loro professionalità, per aiutarci a comprendere il fenomeno.
Per primo ha parlato il dottor Maniglio, criminologo e psicoterapeuta, il quale ci ha invitato a riflettere sulle differenze tra bullismo e violenza di genere. Si ritiene “violenza sulle donne” qualsiasi forma di aggressione, minaccia, maltrattamento proveniente da un uomo adulto e diretta ad una donna. Infatti, questi sono tutti comportamenti che non tengono conto della volontà delle donne, che hanno il diritto di dire sì, come di dire no a chiunque. Ci ha inoltre spiegato che una violenza, per essere definita tale, deve essere ripetuta nel tempo e deve mettere in uno stato di vergogna la vittima.
Dopo ha esposto la propria esperienza la dottoressa Micelli, che lavora a Martano, presso un centro anti-violenza che ospita alcune donne che hanno subito delle violenze e che hanno avuto il coraggio di denunciarle. Lei è entrata nel merito della questione parlandoci della presunta superiorità che gli uomini si sono “autoimposta” nel tempo, per evidenziare le differenze con le donne, considerate inferiori. Ci ha fatto riflettere sui cosiddetti “stereotipi” della nostra società, che ancora oggi condizionano l’educazione di un bambino maschio, rigorosamente “diversa” da quella impartita ad una femmina. Infatti, non sia mai che il fiocco di nascita di un bambino sia rosa, oppure che lui esprima il desiderio di seguire un corso di danza! Subito verrebbe etichettato come “diverso”. Quando ci ha spiegato l’origine dell’abitudine di contrassegnare di azzurro gli oggetti riservati ai maschi e quelli delle femmine con il rosa, ho trovato assurdo e ridicolo che i vestiti di una bambola (la famosa “Barbie”) e l’attributo di un principe (il “Principe Azzurro” delle fiabe animate da Disney) abbiano potuto permettere che la società ci costruisse sopra un mondo. Non mi sembra giusto che dei giocattoli debbano orientare le scelte dei bambini, inducendo una bambina a trovare naturale il cucinare e non il maneggiare un’arma, considerata “gioco per maschi”. Successivamente è intervenuto il maestro e insegnante di autodifesa Luigi Perrone, che ci ha dato una dimostrazione pratica di come difendersi da un aggressore, raccomandandoci che prima di tutto bisogna mostrarsi fieri e sicuri di sé.
E’ stato un incontro molto utile, un’ottima iniziativa organizzata dalla scuola per sensibilizzare noi giovani su un tema di una tale importanza. Penso, infatti, che, una volta cresciuti, saranno le idee e le esperienze della nostra adolescenza a renderci forti, pronti ad affrontare la vita, sperando di incontrare sulla nostra strada persone intelligenti e rispettose di tutto e di tutti in egual misura, senza distinzioni di alcun tipo.