di Davide Urraro- Uno dei temi più importanti che sto affrontando, durante questo percorso scolastico, è il problema della criminalità organizzata. La mafia è una piaga storica del nostro paese che, a causa del suo legame con politici e figure istituzionali di alto livello, è riuscita a prosperare negli anni, intimidendo con atti di violenza, faide, omicidi ed estorsioni chiunque si ribellasse alle loro imposizioni. Il 19 gennaio ho partecipato, insieme alle scuole del territorio vesuviano, ad una importante manifestazione per commemorare le vittime della mafia. L’evento, “Beata la società che non ha bisogno di eroi”, organizzato dal Lions Club San Giuseppe Terre del Vesuvio, si è svolto in due momenti: c’è stato prima un lungo corteo, formato dagli studenti degli Istituti scolastici del territorio, con partenza da piazza Mercato, a San Giuseppe Vesuviano, con punto d’ arrivo in piazza Garibaldi. Qui era previsto il secondo e più importante momento: avanti al Santuario era stato allestito un piccolo palco sul quale si alternavano alcune figure di spicco nella lotta al contrasto alla criminalità e l’esibizione dei tanti lavori predisposti da ogni istituto scolastico. Ma l’elemento caratterizzante di tutta la manifestazione, e quello che mi ha colpito ed emozionato di più, è stata la presenza di un’enorme Teca, coperta dalla bandiera della Repubblica Italiana. Sulle note della musica “Il silenzio”, accompagnata dallo sventolio di fazzoletti bianchi da parte di tutti i presenti, è stata svelata la teca che conteneva i resti della “Quarto Savona Quindici”. Questo è il nome in codice usato per la Fiat Croma blindata, saltata in aria il 23 maggio del 1992 allo svincolo per Capaci, ovvero l’auto della scorta del Magistrato antimafia Giovanni Falcone. Nell’attentato persero la vita, insieme a Giovanni Falcone e alla moglie Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo e il caposcorta, Antonio Montinaro. A distanza di 32 anni dal tragico evento, ancora oggi l’autovettura, grazie alla tenacia di Tina Montinaro, moglie di Antonio, compie chilometri e va in giro per l’Italia intera per testimoniare la forza della legalità, nonostante sia stata colpita in pieno dalla deflagrazione di 500 chili di tritolo. Particolarmente toccante è stata la testimonianza di Tina che ha ripetuto l’importanza del ricordo e l’orgoglio di essere la moglie di un uomo che ha combattuto senza esitazione la mafia. Anche la testimonianza di Beatrice Federico, vedova di Raffaele Pastore, è stata molto significativa. Beatrice ha raccontato i terribili momenti in cui il marito fu ucciso perché aveva denunciato i suoi estorsori. E’ stata per me una giornata particolarmente intensa e significativa e spero che in futuro possiamo avere ancora l’opportunità di partecipare ad eventi o manifestazioni dello stesso tipo per far crescere in noi ragazzi la cultura della legalità e dare voce a chi ha lottato contro la criminalità, fino a perdere la vita.