Di Miriam D’ONOFRIO e Martina DI SPIRITO 4^D
Dante in Giappone
La fortuna di Dante in Giappone ha inizio con l’avvento dell’era Meiji (1868-1912), quando gli studiosi giapponesi cominciarono a interessarsi alla letteratura italiana.
Mori Ogai fu il primo giapponese che nel suo Diario della Germania racconta che, mentre si trovava a Lipsia come studente, lesse la Commedia nella versione tedesca.
Tornato in patria, pubblicò la traduzione del romanzo di Andersen “L’improvvisatore “ che contiene numerosi riferimenti a Dante e alla sua opera. Questa traduzione contribuì a creare in Giappone una prima immagine di Dante d’ispirazione romantica. La Commedia divenne così un libro alla moda tra la gioventù studiosa del tempo.
Ueda Bin pubblicò nel 1896 sulla rivista “Mondo letterario” un primo articolo intitolato Dante Alighieri. Nell’opera “ Dante il divino poeta” egli esaltò non solo la bellezza dei versi della Commedia, della Bibbia e della tragedia di Shakespeare ma anche la profondità del pensiero politico di Dante.
Anche uno dei più attivi intellettuali cristiani dell’epoca Meiji, Uchimura Kanzo, parlò di Dante nel corso di una serie di conferenze che tenne presso l’Associazione giovanile cristiana di Kanda a Tokyo. Uchimura considera Dante, insieme con Shakespeare e con Goethe, uno dei tre maggiori poeti europei.
L’ amore che portava a Dante lo indusse a iniziare lo studio dell’italiano per poter leggere la Commedia nel testo originale.
Fra i traduttori più importanti vi sono Heisaburo Yamakawa e Shoyu Nakayama. Il primo tradusse le tre cantiche della Commedia, pubblicandole rispettivamente negli anni 1914, 1916 e 1922. A sua volta Nakayama tradusse tutte le opere di Dante pubblicandole in dieci volumi negli anni 1924-26. Da allora le traduzioni della Commedia si sono moltiplicate.
Una conferma della notevole diffusione dell’opera di Dante in Giappone viene infine data dai frequenti riferimenti a essa che è possibile rinvenire negli scritti dei maggiori esponenti della letteratura moderna giapponese. Ricordiamo Natsume Soseki che nella novella “La torre di Londra” del 1905 citò i noti versi con i quali comincia il canto III dell’Inferno . In una sua lettera del 20 gennaio 1905, egli criticò i versi di Dante come troppo lunghi e involuti, aggiungendo che Dante avrebbe fatto meglio a limitare le parole di colore oscuro ai primi tre versi soltanto.
Numerosi saggi sono stati dedicati a Dante dal filosofo Abe Jiro. Anch’egli ha visto in Dante soprattutto il pensatore e nella Commedia un monumento della filosofia e della scienza medievale. L’ignoranza della lingua gli ha limitato la possibilità di apprezzare la parte più valida rappresentata dalla bellezza dei versi. Abe scrisse un saggio intitolato “La D.C. di Dante e lo Zarathustra di Nietzsche”. In esso egli esaminò la diversa concezione del peccato e della sua punizione secondo Dante e secondo il pensatore tedesco.
Tutto questo è la prova che l’opera immensa e infinita di Dante non è solo italiana ma è un patrimonio universale.