Di Rosaria di Ruvo
L’emergenza sanitaria che tutti noi stiamo vivendo ha portato a ripensare al modo di fare didattica da parte di tutti gli insegnanti. La scuola fatta in presenza, guardandosi negli occhi, percependo le diverse sensazioni, è sembrata improvvisamente caduta in un passato lontano, trasformata in un ricordo malinconico e nostalgico. Ci si è dovuti reinventare insegnanti e alunni 2.0. Le penne e i fogli di carta hanno improvvisamente ceduto il passo a tastiere e schermi; i pixel e le jam – board hanno sostituito le lavagne di ardesia e la polvere del gesso sulle mani. Molte cose non sono semplici da gestire attraverso un computer; ad esempio non è semplice individuare uno stato d’animo, non è semplice cantare tutti insieme, non è semplice dialogare in tempo reale, non è semplice capire se tutto quello che si chiede agli alunni di svolgere sia fino in fondo farina del proprio sacco o non sia piuttosto il frutto di un lavoro collaborativo eseguito con genitori, sorelle o fratelli maggiori, nonni, zii cugini e affini; non è facile capire se le improvvise interruzioni di linea siano davvero da attribuirsi ai capricci della rete, al caos cosmico o piuttosto non siano da considerarsi la maschera per quella che in presenza sarebbe stata una sonora scena muta.
Purtuttavia, molte altre cose, grazie alla tecnologia possono essere assolutamente divertenti.
Spesso si dice che gli adolescenti di oggi siano dei nativi digitali. La pandemia da Covid -19 ha permesso ai più adulti di capire come questa affermazione sia per molti aspetti vera e per molti altri assolutamente falsa. Inviare una mail con un allegato per molti non è un gioco da ragazzi ad esempio, ricordare e trascrivere il proprio indirizzo mail sembra essere una fatica degna di Ercole; per non parlare delle password che sembrano essere animate di vita propria, capaci di scomparire per sempre dalle memorie dei loro creatori. Tuttavia questi adolescenti sembrano essere nati con incorporata la conoscenza del video editing e degli effetti di animazione. Se si intercettano questi loro interessi la tecnologia allora sembra diventare una bacchetta magica con cui realizzare i sogni di tutti, grandi e piccoli.
Se, ad esempio, un’insegnante di lingua inglese durante la scuola a.C. (ante corona virus) avesse voluto far praticare un po’ di speaking sulle strutture del futuro e sui contenuti legati al mondo del lavoro, in una lezione in presenza avrebbe chiesto agli alunni di parlare per qualche minuto ininterrottamente in lingua delle proprie ambizioni future. Questo tipo di interazione nella scuola d.C. (dopo il corona virus) avrebbe posto alla stessa insegnante una serie di interrogativi: l’alunno che parla ininterrottamente davanti allo schermo sta realmente parlando a ruota libera o sta leggendo da un testo che tiene aperto sullo schermo? Qualcuno della famiglia sta fungendo da gobbo e suggerisce cosa dire? Sta utilizzando google traduttore?… ed altre infinite inconcludenti e sfibranti elucubrazioni mentali del genere.
Eppure questo stesso compito può trasformarsi da zucca in carrozza per andare al ballo e ogni alunno può essere la fatina che permette questo incantesimo. Il compito può diventare: “Crea un vlog in cui racconti tuoi sogni e progetti per il futuro e in cui provi a dare dei consigli su come scegliere il lavoro del futuro ai tuoi followers!” ed ecco che improvvisamente tutti gli alunni, anche quelli meno sicuri, diventano tutti dei vlogger con una certa fantasia e dimestichezza con i tools a loro disposizione. C’è chi crea un avatar e lo fa parlare inserendolo in una presentazione articolatissima, c’è chi inserisce quiz alla fine della presentazione, c’è chi semplicemente si riprende restando in ombra e parla, manco fosse un supertestimone da proteggere. I risultati sono davvero eccellenti e un insegnante che sia un minimo interessato a queste pratiche didattiche e digitali, potrà essere stupefatto e meravigliato. Potrà mettere più a cuor leggero delle valutazioni positive e stabilirà un ulteriore dialogo con i propri alunni chiedendo loro: “Come hai fatto? Prova a spiegarcelo in Inglese!?”