Due giorni fa l’India intera, compresa l’ala religiosa del governo, celebrava i 150 anni dalla nascita della Grande Anima, il Mahatma Gandhi. Mentre il primo ministro Modi si prostrava davanti alla sua statua nel cuore di Delhi e in molte città si tenevano cortei, riti religiosi o seminari storici, nel Madhya Pradesh ignoti profanatori entravano in uno dei tanti “bapu Bhawan” (Gandhi era chiamato padre) o luoghi di culto in suo nome.
Erano solo una piccola quota delle spoglie distribuite in giro per il Continente dai familiari dopo quel tragico 30 gennaio 1948.
Alla sua morte parte delle ceneri vennero lanciate alle congiunzioni dei “tre mari” del sud e dei tre fiumi sacri del nord. Altre sono state deposte in almeno 12 urne, una delle quali a Laxman Bagh dov’è avvenuto il sacrilego furto che ha molti risvolti politici delicati in questa fase di dominio degli ex nemici di Gandhi trasformati apparentemente in estimatori, con il governo religioso che usa il pugno duro nel Kashmir contro l’idea stessa di non violenza del Mahatma.
Nei decenni passati e fino al 2 ottobre scorso c’erano già stati parecchi episodi di vandalismo contro alcune delle sue innumerevoli statue attaccate dai nazionalisti hindu, ma anche dai “dalit” che non si riconoscevano nella sua politica “pietista” verso le caste più basse (li chiamava “figli di Dio”) ancora oggi socialmente schiacciate dal sistema di privilegi vedico. Ma non si era mai verificato un gesto dissacratorio di questa portata, per di più in uno dei “Bhawan” più vecchi, costruito nel ’48 subito dopo la morte dell’indiano più famoso del mondo, fatto cremare da figli e nipoti contro la volontà dell’ex vicerè inglese Lord Mountbatten che voleva imbalsamarlo.La mattina della speciale ricorrenza, Ram Krishn Sharma, funzionario del Congresso nazionale di cui Gandhi fu guida spirituale e politica, si era recato con altri membri del partito a rendere omaggio alle reliquie, salvo scoprire che l’urna era sparita, le foto rovesciate e sopra al suo poster qualcuno aveva scritto con vernice scura:
Proprio tra i documenti del Bjp è stata eletta a pieni voti in Parlamento la “santona” Pragya Singh Thakur, accusata di una strage di musulmani e celebre per aver definito in campagna elettorale “un vero patriota” l’uomo che uccise la Grande Anima