Classe III Sc. Sec. di Sternatia – Il romanzo è il racconto di una terribile esperienza che ha cambiato la vita in primo luogo al figlio Matteo, di soli 15 anni e poi a tutta la famiglia dell’autore, Antonello D’Ajello. Tutto ha avuto inizio il 26 dicembre del 2012, in pieno clima natalizio, con la famiglia riunita, grazie anche all’arrivo dei parenti. Matteo era rientrato in casa e, improvvisamente, si era sentito male; era entrato nella sua vita il “Mostro”, una rara forma di encefalite sviluppatasi dal virus della mononucleosi e da qui è iniziato il suo calvario. Oggi Matteo ha 22 anni, è su una sedia a rotelle, ma non ha mai smesso di lottare. Gran parte del merito va alla sua mamma, definita una “Quercia” e al papà che non si è mai arreso. Una storia toccante, molto coinvolgente, che ha emozionato tutti. Antonello ha trasmesso a noi ragazzi un messaggio di speranza, un invito a non mollare mai e a vivere intensamente, nonostante tutto.
In classe, attraverso la lettura di alcuni brani del libro, siamo entrati a piccoli passi nella storia della famiglia di Antonello D’Ajello e in particolare di Matteo. Ci siamo resi conto di come il signor Antonello abbia avuto un ruolo importantissimo in questo lungo vissuto di sofferenza di suo figlio e abbiamo voluto leggergli dei passi di alcune lettere che abbiamo scritto per lui e che riportiamo qui di seguito.——————————————————————————————————————————Sternatia, 11 dicembre 2019 –
Carissimo Signor Antonello,
a scuola si è molto parlato di lei, di suo figlio, della sua famiglia. Il vostro coraggio e la vostra forza nell’andare avanti, nonostante le difficoltà, sono degni di grande ammirazione. Non vi siete mai arresi, neanche nei momenti più bui e non dovrete farlo neanche in futuro, perché dovete sempre sperare che Matteo possa riprendere a correre verso nuovi orizzonti, magari senza bisogno di nessun aiuto.
Non riesco neanche ad immaginare cosa si possa provare nel vedere un proprio caro in pericolo di vita. Oggi ci riempiamo la testa di problemi inutili e risolvibili e non ci soffermiamo mai a pensare a chi vive quelli veri, a chi vive delle autentiche tragedie. Dobbiamo imparare a dire grazie per tutto ciò che ci reca felicità, che sia l’affetto di un amico o un familiare o una situazione bella o magari anche una brutta che, fortunatamente, è migliorata.
Vi auguro di non perdere mai la voglia di sperare e di continuare ad avere fede e che tutto possa volgere al meglio. Salutate Matteo da parte mia e dei miei compagni.
Arlena Verri—————————————————————————————-Carissimo Signor D’Ajello,
mi ha particolarmente colpito un aforisma che lei ha citato in un’intervista: “La felicità è solo un frammento di tempo limitato e breve. Carpitelo, tenetevelo stretto e godetevelo anche se sembra monotonia, perché è in quella monotonia che è racchiusa l’essenza degli attimi felici, della quotidianità che spesso ci annoia”.
Questa frase mi ha fatto riflettere sul concetto di felicità. Penso che durante la fase adolescenziale si creda che la felicità sia poca cosa, minima, in confronto alla rabbia, alle delusioni e alla tristezza che spesso proviamo. Questo contrasto di emozioni ci permette, però, di leggerci dentro e di individuare la nostra vera identità, oltreché di sperimentare e di confrontarci con la sofferenza e con il dolore vero.
Vorrei dirle grazie:
GRAZIE per avermi insegnato a non arrendermi mai e a trovare il coraggio per affrontare le situazioni difficili;
GRAZIE per avermi insegnato che se si ha un sogno, con la forza, la tenacia e la costanza, si può realizzare;
GRAZIE per avermi insegnato ad essere me stessa…sempre!
Lucrezia Manco——————————————————————————————————-Carissimo Signor Antonello,
è quasi buffo pensare come queste malattie ti colpiscano quando meno te l’aspetti, nella maniera più improvvisa possibile, proprio come un fulmine a ciel sereno. Suo figlio, proprio come me, viveva, all’epoca, il periodo adolescenziale, quando ogni minimo problema viene ingigantito a dismisura e si pensa a tutto all’infuori di queste cose.
Ora mi viene da pensare a tutte le volte in cui mi arrabbio per cose “stupide”, per esempio quando il parrucchiere mi fa un taglio di capelli che a me non piace, oppure quando mi spunta qualche piccolo brufolo sul viso, oppure ancora quando, durante la partita, i miei compagni non mi fanno battere i calci di rigore. Sono sicuro che anche il suo Matteo era proprio come me.
Lei, sicuramente, ha scritto il libro per raccontare il “viaggio” che ha intrapreso insieme a Matteo, verso il porto della guarigione. Come Ulisse, ci vuole raccontare la sua “Odissea”, percorso che non è ancora finito, ma che le auguriamo possa concludersi felicemente. Auguro a Matteo, con tutto il cuore, che un giorno il sogno di rialzarsi e di tornare a camminare con le sue gambe possa realmente realizzarsi e magari possa ritornare a giocare a calcio, proprio come faceva prima che il “Mostro” entrasse nella sua vita. Tantissimi auguri.
Francesco Linciano——————————————————————————————————Carissimo Signor D’Ajello,
il suo romanzo mi ha insegnato a non vivere i problemi con paura, ma sempre con la speranza e il coraggio. Dobbiamo cercare aiuto in Dio perché Lui è sempre con noi anche quando non ce ne accorgiamo.
Nel suo libro paragona sua moglie ad una Quercia, che perde le foglie, ma non la sua forza e fa sì che possa rimanere unita la famiglia.
Questo paragone mi è veramente piaciuto, perché dimostra quanto le donne siano forti e importanti nel tenere salda l’unione familiare anche nelle situazioni difficili.
Auguri a Matteo e a voi tutti, non mollate mai!
Matteo Greco—————————————————————————————————————–Carissimo Signor Antonello,
so perfettamente come si sente, anch’io ho toccato con mano questo genere di sofferenza. In passato anche mia sorella si è ammalata, un tumore cerebrale me l’ha portata via con un soffio a soli 15 anni. Se devo essere sincera io la sento ancora adesso vicina a me, perché lei da lassù mi manda dei segnali che mi aiutano ad affrontare le difficoltà della vita. È stato un dolore profondo che affligge ancora adesso il mio cuore. So perfettamente che anche lei è molto addolorato: vorrebbe vedere Matteo correre, saltare, nuotare e gettare via la sua carrozzina.
Ciò che lei e la sua famiglia fate per Matteo è straordinario. Si vede come i vostri occhi s’illuminano ogni volta che parlate di lui; per affrontare questi grandi ostacoli che la vita ci fa incontrare, ci vuole veramente tanto coraggio! Spero che lei, in futuro, possa tornare ad abbracciare Matteo senza doversi piegare e che tutti insieme possiate gioire per traguardi sempre nuovi.
Avete tutto il mio appoggio, il mio conforto, la mia vicinanza; per qualsiasi cosa io ci sono e ci sarò sempre. Un abbraccio, vi voglio bene e buona fortuna per tutto!
Teresa Stamer——————————————————————————————————————Carissimo Signor D’Ajello,
è molto difficile comprendere pienamente ciò che lei ha vissuto. Sto cercando di immedesimarmi nella sua situazione, ma è molto complicato. Chi non ha attraversato i grandi problemi, vive come tali le piccolezze. Noi ci affliggiamo per cose senza senso; ci sembra che il mondo ci remi contro e la nostra mente fa fatica a trovare soluzioni per cose da nulla. Non deve essere così.
Bisogna essere sempre ottimisti perché c’è gente che sta affrontando i veri problemi della vita e, anche se un giorno dovessimo trovare un muro che ci blocca il passaggio e fossimo costretti a fermarci, dobbiamo comunque cercare di scavalcare quel muro e continuare la vita con serenità. In questo cammino ci saranno molto d’aiuto i nostri genitori che faranno da faro a noi figli, proprio come avete fatto voi. Questo è quello che io ho provato e capito ascoltando la vostra storia e cercando di immedesimarmi in Matteo a cui auguro la realizzazione di tutti i sogni e soprattutto una completa guarigione.
Francesca Chiriacò——————————————————————————————————————-Gent.mo signor D’Ajello,
sono Alice, ho 13 anni. Certo, sono piccola per cercare di immedesimarmi nella situazione che avete vissuto, ma sicuramente capisco che non è stata facile.
Superare la malattia di un figlio richiede molta forza e coraggio e questo coraggio viene dato, molto spesso, dalla fede e dalla forza incontestabile dell’amore.
Non oso immaginare la sofferenza che lei ha provato, credo che ci voglia più coraggio nella sofferenza che nella morte e solo chi è passato attraverso situazioni simili può capire.
Mi ritengo davvero molto fortunata di poter correre con i miei amici, molte persone vorrebbero farlo, ma non ne hanno la possibilità. Amo guardare un tramonto, osservare il bellissimo cielo infuocato, tuffarmi nelle meravigliose acque cristalline del mare, o ancora passeggiare ed ammirare i campi in fiore nel periodo primaverile. Ecco credo che siano queste piccole azioni che fanno la differenza, sono proprio queste semplici esperienze a renderci fortunati.
Penso ancora che la vita sia un dono, che ci è stato regalato nel momento in cui siamo nati e che non debba essere sprecata ponendoci mille inutili problemi.
Vivere è la cosa più rara e preziosa al mondo. È bello essere protagonisti della propria vita piuttosto che spettatori passivi. Insomma, c’è solo un tipo di successo: fare della propria vita ciò che si desidera, realizzando i propri sogni! La saluto cordialmente e ne approfitto per augurare a lei, a Matteo e a tutta la sua famiglia un Santo Natale.
Alice Massafra