di Fabiola Napolitano
“Perché in Italia, si sa, non si può scherzare né coi santi né coi fanti: e figuriamoci se, invece di scherzare, si vuol fare sul serio”. Sono queste le parole che Leonardo Sciascia, grande letterato italiano, sceglie per presentare ai suoi lettori la storia di omertà e denuncia sociale oggetto del suo romanzo intitolato “Il giorno della civetta”. Pubblicato nel 1961, il romanzo di Sciascia, ruota intorno al tema della mafia che, all’epoca della stesura, risultava essere ancora un problema minimamente affrontato (se non per scelta fermamente evitato). La vicenda si svolge in Sicilia, in una località non precisata dall’autore che utilizzerà le sole iniziali dei paesini come S. e B. (forse per sottolineare che la storia, così quanto la problematica, si sarebbe potuta manifestare in qualsiasi altro paese) e inizia con l’assassinio di Salvatore Colasberna,proprietario di una piccola cooperativa edilizia, ucciso presso Piazza Garibaldi mentre stava prendendo il pullman. Le indagini vengono affidate al Capitano Bellodi, il quale sin da subito suppone che il delitto sia di stampo mafioso, ma queste non procedono isolate poiché contemporaneamente viene ucciso un altro uomo, un contadino, Nicolosi, il quale sembrava aver visto i responsabili dell’omicidio. Da questo momento il libro da spazio alle indagini svolte dal Capitano che si caratterizzano per la successione di testimonianze pericolose (perché se parli diventi un infame del sistema…Parinieddu), di supposizioni fastidiose (perché sui giornali non si parla d’altro che dell’accaduto…Don Mariano), di ricostruzioni false (in modo tale da indurre il colpevole a testimoniare). Un racconto, quello di Sciascia, che va letto tutta d’un fiato cosicché i lettori con la stessa curiosità provino a ricostruire un delitto tanto silenzioso ed omertoso quanto pericoloso al punto da creare scalpore fino al parlamento. Al termine della storia il Capitano Bellodi, per pura casualità, viene mandato in licenza per malattia nella sua città, Parma, dove dopo alcuni mesi viene a conoscenza che la sua accurata ricostruzione del caso era stata “sfasciata come un castello di carte dal soffio di inoppugnabili alibi”. Un finale, quello di Sciascia, che dimostra quanto la mafia avesse agito muovendo fili tanto invisibili quanto presenti. Infatti, secondo l’autore la mafia è “la civetta quando di giorno compare”, la mafia è un’organizzazione che una volta agiva in segreto, era un animale notturno, mentre oggi ha raggiunto ormai un potere talmente grande da agire anche alla luce del giorno senza che nessuno osi ostacolarla. “Questo è il punto su cui bisogna far leva. E’ inutile tentare di incastrare nel penale un uomo come costui: non ci saranno mai prove sufficienti, il silenzio degli onesti e dei disonesti lo proteggerà sempre”. Non sarà forse la lettura di questo romanzo a porre fine alla questione mafiosa, ma sarà pur sempre giusto comprendere lo stile e la bravura di un autore che cercò di fare rumore quando sull’argomento regnava soltanto un “nascosto” silenzio.