Non era decoroso presentarsi allo Sporting con i vestiti vecchi e rammendati che aveva di solito, quindi alla vigilia del viaggio per Lisbona, la madre e le due sorelle di Cristiano Ronaldo erano andate a Funchal per comprargli un cambio nuovo di zecca: scarpe, pantaloni e camicia.
Dolores Aveiro voleva che il figlio facesse buona impressione e che “nel continente”, lontano da casa, non fosse messo da parte a causa della sua povertà.
Ronaldo da piccolo non aveva giocattoli, giusto un pallone e delle macchinine, viveva in una casa fatta di assi di legno e mattoni, non verniciata, con tetto e pareti di lamiera per tappare i buchi da cui entravano pioggia e freddo.
Gli allenatori del Nacional, la squadra in cui giocava, avevano chiesto di parlare coi genitori perché erano preoccupati per la sua salute, dicevano che mangiava male e che non era “normale” che un bambino di 11 anni fosse così magro. A fine allenamento gli davano panini o zuppe calde prima di rimandarlo a casa.
L’ultima settimana di agosto del 1997 Cristiano mise tutti i suoi vestiti in uno zaino e prese l’aereo per andarsene da Santo António, il quartiere più povero dell’isola. Convinse la madre che avrebbe provato a realizzare il sogno di essere il miglior giocatore del mondo.
Cristiano Ronaldo dos Santos Aveiro nacque a Cruz de Carvalho il 5 febbraio 1985. Era il quarto figlio di una cuoca di una scuola elementare e di un giardiniere del comune di Funchal, che lo chiamò Ronaldo perché era un fan dell’attore e presidente degli Stati Uniti d’America, Ronald Reagan. Il primo nome, Cristiano, fu scelto dalla zia che lavorava in un orfanotrofio. Il padre, che lavorava part-time come magazziniere per la squadra di Funchal Andorinha, aveva chiesto al capitano ed ex giocatore Fernando Barros Sousa, di essere il padrino di Ronaldo.
Ronaldo è sempre stato un pessimo alunno, a scuola saltava continuamente le lezioni, scappava dagli insegnanti e mentiva ai genitori sui brutti voti e sui compiti a casa. Il padre era raramente a casa e la madre non si preoccupava dei problemi scolastici del figlio. Confessa la madre in una recente biografia di Ronaldo. “Quando arrivava a casa prendeva solo uno yogurt e un pallone e tornava in strada. Tornava solo la sera, molte volte dopo la mezzanotte.” Nonostante l’aria da delinquente, i capelli un po’ lunghi, i vestiti sporchi e i denti storti, Cristiano Ronaldo non era cattivo. Il suo soprannome era “piagnucolone” per le scenate che faceva ogni volta che perdeva una partita. L’allenatore Francisco Alfonso ci ha raccontato che le sfuriate negli spogliatoi erano così brutte che addirittura gli chiese di non presentarsi allo stadio quando le probabilità di perdere erano alte.
Nel suo quartiere i vicini odiavano i suoi genitori, che gli permettevano di passare le notti a calciare un pallone sulle pareti o a sfondare i vetri delle altre case, per poi scappare e dare la colpa agli altri. . Il passaggio allo Sporting cambiò completamente la sua vita. Cristiano andò a vivere nel dormitorio dello Sporting vicino al campo di allenamento, dove divideva la stanza con altri tre ragazzi.
La mensola di Ronaldo era vuota, c’era solo una foto con la madre e i fratelli, più tardi la riempì di libri di scuola che non apriva.
I primi mesi furono molto difficili, tutti i giorni caricava la scheda del telefono per poter chiamare la famiglia; piangeva e implorava di poter tornare a casa, diceva che era molto triste e che non ce la faceva più a sopportare la nostalgia degli amici e dei fratelli. Ma la madre non cedeva e chiese al suo padrino di convincerlo a rimanere a Lisbona. Dolores Aveiro gli diceva sempre che l’unica possibilità che aveva nella vita era di scommettere tutto sul calcio e che non poteva tornare a casa per nessuna ragione al mondo.
Fu in questo periodo che Leonel Pontes divenne importante nella vita di Cristiano. L’allenatore delle giovanili dello Sporting, poiché nato anche lui a Funchal, fu nominato suo tutore legale nei rapporti con la squadra. Pontes gli parlava tutti i giorni, soprattutto quando restava solo al dormitorio perché tutti tornavano dai genitori. Lo portava a pranzo fuori con la propria famiglia, a volte giravano per Lisbona in macchina o andavano in spiaggia. Dopo pochi mesi i pasti dei ragazzi dello Sporting passarono ad essere consumati alla Cervejaria, una birreria. Siccome Cristiano ancora non aveva uno stipendio, raramente poteva permettersi di mangiare altrove; purtroppo spendeva i suoi pochi soldi alla sala giochi vicino allo stadio, solo l’intervento della madre e di Pontes lo allontanarono, anche se ancora oggi Cristiano Ronaldo è fissato con i videogiochi e nella sua casa di Madrid o in altri luoghi c’è sempre una PlayStation con vari giochi in camera. Il primo giorno di scuola a Lisbona fu catastrofico per Ronaldo, dopo essere arrivato in ritardo, la professoressa gli chiese di presentarsi alla classe durante l’appello, ma la sua pronuncia era incomprensibile e i compagni iniziarono a prenderlo in giro e perfino la professoressa si mise a ridere. Questo era uno dei motivi principali per i quali passava tanto tempo da solo e a piangere nella sua stanza. Nemmeno nello spogliatoio le cose andavano meglio. Alla fine di uno dei primi allenamenti, l’allenatore gli chiese di rimanere per mettere a posto, Ronaldo gli rispose davanti a tutti pieno di orgoglio “sono un giocatore dello Sporting e non devo raccogliere niente da terra”. La direzione gli diede un castigo esemplare e non fu convocato nelle partite seguenti. E Cristiano ricominciò a stare in stanza da solo a piangere.