Nell’aprile del 1945 gli Alleati stanno avanzando rapidamente nella Germania nazista, ma solo l’8 maggio sarà firmata la resa incondizionata. Intanto coloro che sanno quali crimini hanno commesso, distruggono tutte le prove possibili.
Tra le tante tragiche storie della Shoah una in particolare ci ha colpiti: quella di 20 bambini ebrei – 10 maschi e 10 femmine – provenienti da Francia, Olanda, Jugoslavia, Italia, Polonia, che dal campo di sterminio di Auschwitz Birkenau, dove si trovava il dottor Joseph Mengele, furono inviati al campo di concentramento di Neuengamme – che distava circa 30 chilometri da Amburgo – usati come cavie umane per esperimenti, che avrebbe condotto il medico nazista Kurt Heissmeyer.
Il dottor Mengele, l’angelo della morte, il dottor-morte, colui che sterminò migliaia di ebrei, utilizzandoli come cavie umane, in esperimenti assurdi, che avevano lo scopo di ricercare il gene per la creazione della razza ariana pura, una mattina di novembre del 1944 si presentò nella baracca 11 di Auschwitz-Birkenau e disse: “Chi vuole vedere la mamma faccia un passo avanti”: con questo inganno il famigerato dottor Mengele selezionò venti bambini ebrei tra i 5 e i 12 anni, dieci maschi e dieci femmine, e dal campo di sterminio di Auschwitz furono portati da un altro medico nazista, Kurt Heissmeyer, che aveva richiesto cavie umane per esperimenti sulla tubercolosi.
Ex prigionieri avevano fatto un elenco con i nomi dei bambini. Nel 1945 questo elenco fu stampato nel libro “Rapport fra Neuengamme”. Ecco alcuni dei loro nomi:
Walter Jungleib-Grete Hamburg La sorella ha scritto lo scorso luglio al Memoriale del campo di concentramento di Neuengamme: “Ero e sono sconvolta e esterrefatta, non posso descrivere ciò che provo. (…) Mio padre, mia madre, Walter ed io siamo stati deportati ad Auschwitz nell’ottobre 1944. Ci hanno separato dagli uomini e dai bambini. Walter aveva dimenticato il suo berretto ed è tornato indietro per prenderlo, per cui era l’ultimo in fila, si è voltato, ha sorriso: è stata l’ultima volta che mia madre ed io lo abbiamo visto.”
In questo elenco figura anche il nome un ragazzino di dodici anni: “Zeller”. Il Dr. Kurt Heissmeier aveva scritto sulla scheda del bambino con i dati delle visite mediche le lettere iniziali “R.Z.”. Il suo nome è probabilmente Roman Zeller.
E’ stato ucciso il 20 aprile 1945 con gli altri bambini nella scuola di Bullenhuser Damm. Non si sa altro di questo bambino.
Georges-André Kohn era nato il 23 aprile 1932 a Parigi. Suo padre, Armand Kohn era il segretario generale della Fondazione Rothschild dal 1940. Questa fondazione ha finanziato l’ospedale ebraico di Parigi. La madre di Georges-André, Suzanne Kohn, proveniva da una famiglia francese-ebrea molto rispettata. Georges-André aveva tre fratelli maggiori: Antoinette, Philippe e Rose-Marie. Grazie alla posizione del padre Armand, i Kohn godevano ancora alcuni privilegi dopo l’occupazione della Francia da parte della Germania. Nel 1942, Suzanne Kohn e i suoi figli si convertirono a Cattolicesimo nella speranza che ciò li potesse tenere al riparo dalla persecuzione antisemita. Ma il 18 luglio 1944, fu deportata insieme a sette componenti della sua famiglia ad Auschwitz-Birkenau. Il 21 agosto, dopo tre giorni di viaggio infernale, Philippe e Rose-Marie, due fratelli di Georges, insieme ad altri prigionieri riuscirono a scappare attraverso un varco nel vagone e sopravvissero nascondendosi fino alla liberazione della Francia. Georges, suo padre, la mamma, la sorella Antoinette e la nonna furono separati sulla rampa di Auschwitz-Birkenau: la nonna fu inviata alla camera a gas, la mamma e la sorella Antoniette morirono di fame a Bergen-Belsen, Armand Kohn, il papà di Georges, finì a Buchenwald, da dove tornò molto malato. Georges fu inviato prima nella baracca dei bambini a Birkenau e poi, il 28 novembre 1944, nel campo di Neuengamme, e infine a Bullenhuser Damm dove morì il 20 aprile 1945 insieme agli altri 19 bambini. Aveva appena 12 anni!
Eduard e Alexander Hornemann – Eduard, il più grande dei due fratelli Hornemann, è nato l’1 gennaio 1933. In famiglia lo chiamavano Edo. Alexander è nato il 31 maggio 1936. In famiglia lo chiamavano Lexje. La famiglia viveva a Eindhoven nei Paesi Bassi. Il papà Philip Carel Hornemann lavorava presso la ditta Philips. Dopo l’occupazione dei Paesi Bassi da parte dell’armata tedesca, nel 1941, è stato trasferito con altri 100 colleghi ebrei in un reparto speciale della ditta.
La moglie Elisabeth si era nascosta assieme ad Alexander in una casa di contadini, Eduard si era nascosto in un’altra casa di contadini. Nel 1943 sono stati deportati nel campo di concentramento di Vught prima i dipendenti ebrei di Philips e poi la moglie Elisabeth Hornemann con i due figli. Il 3 giugno 1944 la famiglia è stata trasferita nel campo di concentramento di Auschwitz. La moglie è morta nel settembre del 1944 per tifo. Eduard e Alexander sono stati portati nella baracca dei bambini. Poco prima della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz Philip Carel Horenmann è stato trasferito nel campo di Dachau e successivamente nel campo di Sachsenhausen. È morto il 21 febbraio 1945 durante questo trasporto. Il 28 novembre 1945 Eduard e Alexander Hornemann sono stati portati nel campo di concentramento di Neuengamme e sono stati uccisi il 20 aprile 1945 nella scuola di Bullenhuser Damm. La sopravvissuta della famiglia, Ans van Staveren, sorella di Elisabeth e zia di Eduard e Alexander, era rimasta nascosta fino alla liberazione dei Paesi Bassi. Ha sperato a lungo che i suoi nipoti ritornassero. Ma nel 1979 è venuta a conoscenza della tragica fine dei due bambini.
Tra i venti bambini uccisi c’è anche un piccolo italiano, Sergio de Simone, nato a Napoli il 29 novembre 1937. Dopo l’entrata in vigore delle leggi razziali del governo Mussolini, la mamma di Sergio ripara nella casa di famiglia in Istria, ma viene tradita da un fascista . Dalla Risiera di San Sabba a Trieste, Sergio viene deportato ad Auschwitz con la mamma, la nonna, la zia e due cuginette.
In questo elenco figura anche il nome di una bambina di otto anni proveniente dalla Polonia: “Wassermann”. Il Dr. Kurt Heissmeyer aveva scritto sulla scheda della bambina con i dati delle visite mediche le iniziali “H.W.”. H. Wassermann è stata uccisa il 20 aprile 1945 con gli altri bambini nella scuola di Bullenhuser Damm. Non si sa altro.
La conclusione della storia di questi bambini è drammatica: dopo aver subito dolorosi e inutili esperimenti medici, i bambini vengono impiccati nei sotterranei della scuola di Bullenhuser Damm, ad Amburgo. È il 20 aprile 1945: gli inglesi sono alle porte, ma le SS festeggiano il cinquantaseiesimo compleanno di Hitler. Bevono e fumano dopo aver compiuto il loro “dovere”: l’impiccagione di venti bambini. Durante il processo ai responsabili della strage, il soldato SS Johann Frahm dichiara: “I bambini furono tutti coricati in una stanza. Dormivano e non si svegliarono mai più. Fu fatta un’iniezione, non so di che genere, ma non tutti morirono di conseguenza ad essa. Alcuni furono poi impiccati e a farlo fummo io e il dottor Trzebinski. Ai bambini fu messa intorno al collo una corda e furono appesi a un gancio. Come quadri alla parete.”
Il 18 marzo 1946, ad Amburgo, il Tribunale Militare britannico diede inizio al primo processo. Sul banco degli imputati erano presenti 14 ufficiali delle SS, accusati dei crimini perpetrati nel campo di Neuengamme e nel sottocampo di Bullenhuser Damm e responsabili del massacro di questi 20 innocenti. Solo 11 di loro furono giustiziati, gli altri tre rimasero impuniti. Rimanevano a piede libero ancora tre latitanti: il dottor Kurt Heissmeyer, il dottor Hans Klein e il comandante dell’“operazione Bullenhuser Damm”, Arnold Strippel. Il dottor Hans Klein, patologo, che aveva partecipato alla sperimentazione, dopo la fine della guerra, era scappato ed era riuscito a far perdere le sue tracce. Terminata la guerra e con essa i processi ai vari criminali, era ricomparso e aveva ripreso la sua vita normale; ottenne perfino un incarico dall’Università di Heidelberg, in qualità di docente alla facoltà di patologia.
Nessuno si ricordò dei suoi misfatti, è così condusse un’esistenza tranquilla fino alla morte nel 1984.
Petrosino Francesco, Grassano Antonio 1 H
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