//Che tu sia per me il coltello

Che tu sia per me il coltello

di | 2018-11-05T11:57:13+01:00 3-11-2018 19:37|Alboscuole|0 Commenti

di Pier Vincenzo Rosiello (docente) – David Grossman, Che tu sia per me il coltello, trad. di Alessandra Shomroni,  Mondadori, 2017

Sicuramente è più di un romanzo. Quella che, apparentemente, potrebbe sembrare una mera raccolta di lettere – divisa in due parti le lettere scritte da lui e quella scritte dalla sua corrispondente – è, invece, una profonda analisi interiore dei personaggi protagonisti, Yair e Myriam, due perfetti sconosciuti, che decidono di mettere a nudo le loro esistenze, quasi vivisezionandole con un coltello. Non vorrei, però, che pensaste che si tratta di un esperimento di biologia, tutt’altro ! Si tratta di un’immersione in se stessi attraverso gli occhi dell’altro, una sorta di terapia psicanalitica condotta attraverso le parole, i messaggi, le storie contenuti nelle loro lettere, un’immersione profonda nella vita dell’altro e nella propria, per arrivare a toccare l’anima di ciascuno, riscoprendo l’importanza dell’immaginazione nei rapporti umani e la sensualità che si cela nelle parole. Leggendo il libro, la storia, che emerge tra le righe delle lettere, si rivela un gioco erotico con regole ben precise da rispettare, prima fra tutte che il rapporto tra i due deve restare esclusivamente epistolare. Un rapporto comunque fortemente passionale che si esprime nel flusso frenetico delle lettere che mandano e ricevono, dettato dall’intimo bisogno di soddisfare il proprio desiderio di mettere a nudo se stessi. Il protagonista sceglie una donna che vede per caso e la invita con una lettera a intraprendere questo avventuroso viaggio nell’universo dell’altro; ogni lettera rappresenta un pezzetto di coscienza di sé che miracolosamente emerge e di cui si riappropria, entrando a far parte consapevole di se stesso. Una sorta di regressione, attraverso gli stadi della propria interiorità, porta la coppia di corrispondenti, amici e amanti a uno stadio sempre più profondo e intimo fino a giungere a quello che per gli ebrei è la parte del corpo a partire della quale l’essere risorgerà dopo la fine del mondo, e che non può essere distrutta, una sorta d’impronta genetica, contenete il principio essenziale della propria natura psico-fisica. Una volta, però, raggiunto il massimo della complicità e della confidenza reciproca, Yair, che è sposato e ha un figlio, decide di interrompere la corrispondenza con Myriam, anche lei sposata con un figlio, e scompare con grande disperazione della donna, che non si rassegna e che collega la fine della loro storia alla prima pioggia. Ironia della sorte, però, proprio la pioggia sarà la cornice nella quale si incontreranno realmente, nella terza parte di questo insolito romanzo. La donna, infatti, chiamata al telefono da lui in difficoltà con il figlio, si avventurerà in macchina sotto la pioggia fitta fino ad arrivare alla sua casa e a trovare lui e il figlio stesi a terra sotto la pioggia. L’uomo aveva lasciato fuori casa il figlio tutta la mattina perché si era comportato male con la moglie. Tra loro era scoppiata una sorta di sfida, perché il figlio non voleva chiedere scusa, e anche quando era iniziata la pioggia i due non avevano ceduto e perché fossero alla pari il padre si era svestito e tutti e due erano sotto la pioggia gelida uno di fronte all’altro. In questo quadro la donna delle sue lettere, del suo mondo di carta appare come la sua salvatrice nel mondo reale. Il mio giudizio sul libro è molto positivo, Grossman scrive benissimo, descrive immagini, scene, ambienti, persone e ricordi in modo sublime. Inoltre mi sembra geniale l’uso delle lettere con una sconosciuta per capire di più se stesso, senza ipocrisie, senza barriere in modo incondizionato e autentico. Perciò sono contento di averlo letto e non posso che consigliarne la lettura.   Pier Vincenzo Rosiello, docente di lettere  presso l’I.I.S. G. da Catino