Io e il mio compagno, alto un metro e sessanta, dopo aver cercato all’interno del monastero figure di altezza simile, decidemmo di recarci in città e continuare la ricerca e proprio lì ci siamo accorti che la vecchia villa de Montmorency era di nuovo viva. Una luce fioca si aggirava per i suoi corridoi … un ladro? Un nuovo acquirente? E chi era? Lo conoscevo? Nella mia testa frullavano tutti i pensieri possibili e immaginabili del mondo: e se gli portassi un po’ di birra? Se gli preparassi una torta per festeggiare il suo arrivo nella più grande (e anche la più tetra, triste e abbandonata) villa di Parigi?
Chiesi informazioni ai passanti, che mi rivelarono la sua identità, e nel farlo, mi fecero passare la voglia di mettere in atto tutti i miei buoni propositi per dargli il benvenuto. Il nuovo acquirente era il maledetto giovinastro incontrato quel giorno in città. Quasi quasi gli avrei bruciato la casa … Ma non potevo farlo: dopo la mia scappatina dal monastero i monaci mi tenevano d’occhio a tutte le ore, e temevo addirittura che facessero dei “turni” per controllarmi di notte … infatti mi sentivo sempre osservato.
Sul cancello della villa c’era un crocifisso gigante con una grossa crepa al centro con sopra questa insegna: “Chi lo ama lo segua … e la tua morte è sicura“. Una frase molto forte e sicuramente poco religiosa. Un po’ mi spaventava. Eravamo di fronte alla villa di un personaggio che odiava, a quanto pareva, la religione. Stavo per andarmene quando mi resi conto di una cosa importante: gli omicidi erano iniziati da quando quell’essere spregevole era arrivato in città. Anche l’altezza più o meno coincideva: il giovane biondo e il mio amico monaco erano alti uguali. Altro dato importante che mi era venuto in mente: le vittime degli omicidi sono tutti monaci. Tutto questo era una grande coincidenza? Credo di no. Era ormai ovvio, per me, che il colpevole era quello stramaledetto giovane.
Non sapevo se confrontarmi o meno con i miei amici monaci e il mio compare alto un metro e sessanta, che ormai sapeva già tutto, mi consigliò di non farlo assolutamente se non volevo spaventarli e farne fuggire degli altri, diminuendo così eventuali preziosi alleati contro quel mostro. Così io e il mio amico monaco progettammo un piano infallibile per catturare il giovane e farlo confessare, ovviamente non mi riferisco ad una confessione religiosa: una sera, lo avremmo attirato con qualche stratagemma in un vicolo a senso unico, per poi colpirlo forte alla testa e farlo svenire. Lo avremmo poi portarlo al monastero e lo avremmo legato su un letto per non farlo scappare. Era un piano infallibile.
Due sere dopo andò in scena il piano: io lo attirai in un vicolo con la scusa di una vendita di birre, gratuite per i nuovi membri della comunità parigina e lui abboccò in pieno. Poi toccò al mio collega, che diede una bella randellata in testa a quell’imbecille e quindi ci avviammo per portarlo al monastero.
Ma qualcosa andò storto …
Giacomo Ozzino, 2^H