Siamo in prossimità del Natale, e tutte noi, comunità cristiane, ci apprestiamo a vivere questo momento particolare dell’anno con i nostri stati emotivi contraddittori e i nostri sistemi di valori riaggiornati in base alle tendenze social del momento.
La “difesa del presepe”, strombazzata da molti profili di autorità politiche, sembra essere l’eco sbiadita della più antica “difesa della razza”, e “l’essere più buoni e generosi” verso i più bisognosi si traduce con frettolose raccolte alimentari, o riffe per disfarsi di impolverate bomboniere demodé.
In questa atmosfera così zuccherosa da cariare gli animi più assuefatti, l’arte urbana e sovversiva di Bansky ci restituisce la nostra società e le sue perversioni riflessa su di un muro a Birmingham, come Dorian Gray con il suo ritratto.
Un clochard di nome Ryan e la sua panchina diventano il cuore pulsante di un nuovo messaggio urticante di questo artista dall’identità ignota.
Sul muro dove la panchina di Ryan è appoggiata Bansky realizza un graffito con renne scintillanti galoppanti verso un cielo mattonato, mentre trainano questa nuova idea di “Babbo Natale” e relativa slitta.
E se a Birmingham, in Gran Bretagna, obiettivo dell’attivismo satirico e politico di Bansky è la sedicente “Magia del Natale” e il suo protagonista principale: Babbo Natale, a Betlemme, in Cisgiordania, a essere messa in discussione è la stessa sacralità della natività stessa.
È a tutti noto che questo territorio è attraversato da un muro che divide i territori israeliani da quelli palestinesi. Il muro stesso è stato più volte preso di mira da Bansky e dai suoi graffiti di denuncia raffiguranti spesso un’inversione dei ruoli tra gli attori quotidiani di questa separazione. Sono rappresentate bambine che ispezionano soldati israeliani, questi ultimi con le braccia in alto e il fucile di lato, scale disegnate sul muro e bambine portate in alto da palloncini. Questa parte del mondo è stata spesso attenzionata da Bansky, tanto da rendere la struttura ricettiva adiacente al muro: il Walled – Off Hotel di Betlemme – “L’hotel con la peggiore vista al mondo” – un avamposto di contrasto ideologico alla cultura del muro e della relativa divisione. Le dieci stanze di questo Hotel sono state tutte disegnate da Bansky ed è qui che l’artista ha voluto riproporre la sua idea di natività.
Proprio all’entrata dell’hotel, Bansky realizza una piccola mangiatoia con la classica rappresentazione della natività, addossata ad un pezzo del muro in questione, con statuine come se ne vedono in ogni casa cristiana che si rispetti: con Maria e Giuseppe adoranti ai lati della culla, e con gli immancabili bue e asinello a riscaldare il Bambinello con il proprio fiato. Su questa antica scena della “Sacra Famiglia” e della “Incarnazione del Logos divino”, vi è l’immancabile Stella Cometa, in una modalità di espressione che distrugge tutta la sacralità a cui siamo abituati, tutta la tradizione e la serenità che questa immagine si porta dietro. La Stella Cometa non è altro che un buco lasciato da un colpo di mortaio. È un foro frastagliato, che come un buco in un cielo di carta, rompe la trama di un racconto che vuole essere di salvezza e di libertà per tutti, e ci lascia a contemplare la miseria della realtà odierna.
L’arte di Bansky non è mai una consolazione. I suoi muri diventano delle vere e proprie graticole per le nostre coscienze. I suoi stencil soffiano sulla brace, e noi possiamo solo scegliere di lasciarci incendiare dal dissenso per quanto vediamo e comprendiamo, o di buttarci sopra l’acqua della nostra indifferenza.