di Giulia Bursomanno –
Alcuni giorni fa, la mia classe ha fatto visita alla Comunità Emmanuel dove ha ascoltato le testimonianze di alcuni ex tossicodipendenti.
Non posso dire che sia stato bello, anzi…
Bello era il mosaico che ci hanno mostrato e di cui abbiamo velocemente ascoltato la storia, poiché rischiavamo di perdere la corriera per rientrare a scuola. Purtroppo l’aria che si respirava era molto pesante. Le storie le ho trovate tristi e deprimenti, così come la vita, se così si può chiamare, che hanno vissuto quelle persone. Molto, molto triste e deprimente. In fondo hanno provato tutti la stessa esperienza: una vita che si può dire anche non vissuta. Tutti hanno lasciato che scorresse loro addosso quasi senza accorgersene. L’unica cosa che le dava un senso era la DROGA.
Per me quello non è vivere, è sopravvivere! Poi è arrivata una luce che li ha fatti svegliare, un puntino giallo in un Universo grigio e monotono che ha dato loro la forza di dire “basta” e porre fine a quella sofferenza. Perché di una sofferenza si trattava! Lo leggevo negli occhi che loro tenevano quasi sempre bassi per la vergogna verso le loro stesse azioni. Sono persone fragili, come un bicchiere di vetro pronto ad andare in pezzi, appena avverte il contatto con il suolo; tuttavia sono anche molto coraggiose.
Ci vuole una dose massiccia di coraggio per raccontare storie così vissute nel buio e nella dipendenza. Sono persone fragili ma anche molto forti, perché se la mia fosse una storia così, forse non ci sarei nemmeno stata per poterla raccontare.