di GIOVANNI D’ELIA – Dalla metà del ventesimo secolo ormai la figura immaginaria del supereroe è conosciuta e ammirata da chiunque. Da Spiderman a Batman, tutti hanno letto almeno una volta un loro fumetto, tutti sanno chi sono. Ce ne sono di tutti i tipi: quello che vola, quello con la superforza o quello superveloce; ma cos’è che li accomuna tutti? Beh, hanno tutti un’identità segreta. Oggi vi parlo di uno di loro, un supereroe la cui identità non è conosciuta, che ha giurato di difendere la pace e di combattere i soprusi verso i più deboli: il suo potere speciale è la sensibilizzazione e le sue armi
sono le bombolette spray. Si fa chiamare Banksy ed è uno dei graffitari più famosi del mondo. L’unica cosa che si sa di lui è che viene da Bristol in Inghilterra, come attesta la sua foto pixellata nel locale museo civico. Le sue opere, sparse per tutto il mondo su muri, ponti, pareti, sono realizzate con la tecnica dello stencil: produrre uno stampo precedentemente e poi, una volta appoggiatolo al muro, riempire gli spazi vuoti col colore. Il nostro supereroe ha dovuto scegliere questo tipo di azione non avendo molto tempo per agire e lasciare allo stesso tempo la sua identità nascosta. I suoi graffiti satirici partiti da Bristol e che poi si sono espansi in tutto il mondo, sono ormai diventati iconici e gli sono valsi l’appartenenza all’elenco delle cento persone più influenti del 2010. È partita quindi un’inchiesta mondiale per scoprire la sua identità. Si è aperta quella che potremmo chiamare la “questione banksica”. Sono stati ipotizzati nomi importanti come Robert del Naja, musicista e graffitaro dei Massive Attack, si è pensato che Banksy possa essere una donna, che in realtà possa essere l’unione di più artisti. Le sue opere sono soprattutto su muri di periferia in importanti città, perché, come lui stesso ha dichiarato “un muro è una grande arma. È una delle cose peggiori con cui colpire qualcuno”. Tuttavia è riuscito a far arrivare la sua arte nei musei: si intrufola nelle più grandi gallerie d’arte del mondo e di nascosto appende i suoi quadri alle pareti. Certo, ci vuole un po’ prima che la gente se ne accorga perché le sue immagini si fondono benissimo con le altre esposte nel museo: si tratta di quadri famosi con l’aggiunta di un particolare che li ricollega alla modernità, un vero peccato che dopo poco tempo questi quadri vengano rimossi…
I temi più trattati sono la guerra, l’omologazione, l’inquinamento e lo sfruttamento minorile che lui tratta con il micidiale strumento della satira, semplice e diretta e ancora più cruda se presentata agli occhi di tutti in mezzo alla semplice tranquillità urbana. Il suo unico scopo è lasciare un mondo migliore… sporcandolo, lasciando segnali, insomma, ed è incredibile come in una società come quella del ventunesimo secolo non sogni il successo o la fama ma piuttosto punti all’anonimato.