Siamo a un punto di non ritorno: un male incurabile, più pericoloso della SARS o della MERS, sta mettendo in ginocchio una grossa fetta della popolazione mondiale e no, non sto parlando del chiacchieratissimo virus di matrice cinese che sta mandando in allarme il mondo intero, quanto di un morbo che sta silenziosamente contagiando le menti dei più, il razzismo.
Chi affermava che la storia altro non è che un ciclico ripetersi di eventi di certo non sbagliava.
L’istinto di sopravvivenza innescato da un morbo per il quale non si conosce ancora una cura sta tirando fuori il peggio di noi.
Emarginazione, atteggiamenti razzisti, atti vandalici volti alla denigrazione di una specifica etnia: possono davvero la paura e un innato istinto autodifensivo giustificare tutto ciò? Può una tale manifestazione di odio essere legittimata dal terrore del contagio?
Chiunque abbia studiato, tra i banchi di scuola, la tragedia dell’olocausto o abbia visto un film su questo tema di certo avrà notato come tutto sia iniziato da semplici gesti volti a scatenare una sorta di repulsione nei confronti di una minoranza etnica.
“Vietato l’ingresso ai cani e agli ebrei”
Affiggere un simile divietò sulla porta della propria attività commerciale non significa soltanto impedire ad una comunità di entrare in uno specifico locale o negozio, ma annullarne la dignità umana, mettendola al pari degli animali, di un cane.
Siamo convinti di aver superato tutto ciò, di aver imparato dagli errori commessi nel passato, ma non è così.
“Per questioni di sicurezza, i cinesi non sono i benvenuti in questo locale” Parole diverse, stesso messaggio.
La paura del contagio diventa una maschera del nostro lato oscuro, meschino, della nostra irrazionale avversione nei confronti del diverso.
Non esiste giustificazione all’odio e alla violenza, fisica o verbale che sia. Il semplice fatto di essere nati nel Paese in cui un virus si è sviluppato o possedere i tratti somatici degli abitanti di tale Stato non rende automaticamente soggetti pericolosi o inclini al contagio. Pertanto, quest’ondata di timore e risentimento nei confronti della popolazione cinese risulta estremamente ingiustificata.
Ricordiamoci, quindi, di essere innanzitutto persone e cittadini di uno stesso pianeta, in cui nessuno può ritenersi superiore a qualcun altro in nome delle proprie origini. Poniamo fine a questa psicosi da Coronavirus, salvaguardiamo la nostra salute senza perdere di vista i diritti di chi ci circonda.
Il razzismo miete più vittime di una malattia infettiva, non dimentichiamolo mai.