Al padre Dove sull’acque viola- era Messina, tra fili spezzati- e macerie tu vai lungo binari- e scambi col tuo berretto di gallo- isolano. Il terremoto ribolle- da due giorni, è dicembre d’uragani- e mare avvelenato. Le nostre notti cadono- nei carri merci e noi bestiame infantile- contiamo sogni polverosi con i morti- sfondati dai ferri, mordendo mandorle- e mele dissecate a ghirlanda. La scienza- del dolore mise verità e lame- nei giochi dei bassopiani di malaria- gialla e terzana gonfia di fango.- La tua pazienza- triste, delicata, ci rubò la paura,- fu lezione di giorni uniti alla morte- tradita, al vilipendio dei ladroni- presi fra i rottami e giustiziati al buio- dalla fucileria degli sbarchi, un conto- di numeri bassi che tornava esatto- concentrico, un bilancio di vita futura.- Il tuo berretto di sole andava su e giù- nel poco spazio che sempre ti hanno dato.- Anche a me misurarono ogni cosa,- e ho portato il tuo nome- un po’ più in là dell’odio e dell’invidia.- Quel rosso del tuo capo era una mitria,- una corona con le ali d’aquila.- E ora nell’aquila dei tuoi novant’anni- ho voluto parlare con te, coi tuoi segnali- di partenza colorati dalla lanterna- notturna, e qui da una ruota- imperfetta del mondo,- su una piena di muri serrati,- lontano dai gelsomini d’Arabia- dove ancora tu sei, per dirti- ciò che non potevo un tempo, (difficile affinità- di pensieri) per dirti, e non ci ascoltano solo- cicale del biviere, agavi lentischi,- come il campiere dice al suo padrone:- “Baciamu li mani”. Questo, non altro.- Oscuramente forte è la vita.-
Scritta in occasione dei 90 anni del padre, esalta anche la bellezza della terra siciliana e racconta la tragedia del 28 dicembre 1908, quando Messina fu distrutta dal terremoto e maremoto. -Immagine: Giovanni Fattori, Tramonto sul mare (1890-95)