Perché parlare ancora il dialetto?
Per abitudine, per comunicare coi propri nonni, per salvaguardare un’antica tradizione linguistica…
Magari non si arriverà mai a proporre un’esasperata “iniziativa identitaria” simile a quella che, nel marzo 2018,
ha portato l’idioma veneto ad entrare nelle scuole, come è avvenuto all’istituto comprensivo “Fogazzaro” di
Trissino (Vicenza), ma di certo il dialetto ferrarese, parlato nella bella città degli Estensi soprattutto dalla
popolazione superiore ai 40 anni d’età, non è svanito: è vivo e “resiste”, anche se si è dovuto adattare alle nuove
generazioni.
Tale dialetto, con la sua pronuncia netta e decisa di un'a alquanto “aperta”, simile a quella che i ferraresi
utilizzano nel loro celeberrimo intercalare “maial” (ndr. contrazione dell'antica esclamazione "Mai al mondo!"),
resterà certamente “bandito” dalle aule scolastiche di ogni ordine e grado ancora a lungo!
Eppure il vernacolo locale, che già nel 1853 il linguista Bernardino Biondelli definiva, nel suo Saggio sui dialetti
gallo-italici, il dialetto emiliano “meno aspro, avendo esso pure raddolcita la pronuncia al contatto con l'accento
scorrevole dei Veneti”, conserva ancor oggi la propria identità territoriale e il proprio “fascino”.
Ad oggi compreso ed utilizzato da migliaia di cittadini (che lo usano soprattutto in ambito domestico o amicale,
mentre in ambiti lavorativi ed ufficiali viene prediletto l’italiano), il dialetto ferrarese ha saputo sopravvivere
davvero a tutto, persino a mezzi di comunicazione come la televisione e la radio che, fin dalla metà del ‘900,
hanno svolto un ruolo fondamentale per l’alfabetizzazione, l’unificazione linguistica e l’acculturamento di milioni
di Italiani i quali, prima di trasmissioni come “Non è mai troppo tardi” (condotta dal bravissimo maestro Alberto
Manzi), non sapevano né leggere né scrivere.
Al dialèt frarés sussiste anche in forma “ibrida” nelle province di Cento, Poggio Renatico, Argenta e
Portomaggiore (perché in quelle zone è più forte l’influenza dei dialetti veneto e polesano, romagnolo e
bolognese), nonché in frazioni transpadane del Rodigino, quali Occhiobello, S.Maria Maddalena e Stienta, dove
la vicinanza geografica fa sì che gli abitanti non abbiano grossi problemi a capirsi fra loro.
Diverso è, invece, il discorso che si potrebbe fare per le zone “costiere” affacciate sul mare Adriatico o site nel
Delta del Po (come Comacchio, Porto Garibaldi, Lagosanto e Codigoro) dove la parlata locale risulta fortemente
indipendente e chiaramente distinguibile dal ferrarese: sarà forse colpa dell’insularità goduta da Comacchio fino
al 1821, quando un terrapieno l’ha infine collegata alla terraferma; o forse sarà colpa degli Etruschi, dell’Esarcato
di Ravenna, dei Longobardi, dello Stato Pontificio che si sono avvicendati sul territorio nel corso dei secoli, e il cui
lascito culturale ha certamente inciso nella differenziazione linguistica che, anche al giorno d’ oggi, persiste tra
Ferrara e Lidi comacchiesi.
Come che sia, il dialetto locale resta inconfondibile e unico nel suo genere.
Alla sola pronuncia, in qualsiasi luogo ci si trovi, la nostalgia di casa riaffiora“
Classe 3 F
Studenti: Bosco, Vecchi, Zouaghi, Ghelfi, Policardi, Zamboni