di Martina Mongiovì (classe 3^ C) – Matilde si era alzata di buon mattino per andare a scuola. Aveva messo un jeans bianco con le strisce laterali nere e una magliettina unica tinta nera, infilata nei jeans. Era leggermente truccata come sempre e i lunghi capelli castani le ricoprivano la schiena. Apparentemente era una giornata normalissima…. Era arrivata a scuola con Sofia e si stavano incamminando verso l’entrata dove vi erano tutti i loro compagni. Tra tutti in particolare c’erano Giulio, Fulvia e Giuseppe (il suo ragazzo, molto amico di Matilde). Sofia li salutò e subito dopo aver salutato gli altri Matilde andò verso di loro. Salutò Fulvia e Giuseppe ridendo, perché la sera prima avevano parlato al telefono insieme ed erano stati tutto il tempo a ridere, e poi Giulio che…le diede un leggero bacio sulle labbra, stringendola a se, i capelli di Matilde volavano al leggero venticello della mattina, i loro cuori battevano forte forte… sembrava che volessero prendersi per mano. Matilde restò di sasso, non aveva parole, non c’era bisogno che parlasse, i suoi occhi esprimevano la gioia e la felicità fatta persona, il suo cuore che batteva come non mai, che la faceva sorridere con quel suo modo che riempiva di gioia pure gli altri, il suo gesto di mordersi il labbro per l’emozione…. Giulio le diede un altro bacio, abbracciandola e sussurrandole all’orecchio: “Amore, vuoi essere la mia Giulietta?” con quel suo tono dolce che usava solo con lei, quel tono che l’aveva fatta innamorare, quel tono colmo di un leggero imbarazzo e di felicità. Il cuore di Matilde batteva ancora più forte e, con tanta emozione gli sussurrò, all’orecchio, un semplice: “Sì!” non disse altro, quel sì diceva già tutto. Tutti nel vedere quella scena iniziarono a battere le mani, specialmente i loro compagni, altri facevano gli sciocchini, ma non importava, era come se non sentissero nulla in quel momento, come se fossero in un universo diverso, dove il loro amore li avvolgeva, erano solo loro due, in quel prezioso momento tanto desiderato. Mancava esattamente un minuto al suono della campanella, ma…all’improvviso un tuono …Matilde si svegliò di soprassalto …era nel suo lettino, nella sua stanza, sotto le coperte. Spiazzata prese il telefono per guardare l’orario, erano le cinque di mattina, in quel preciso instante si guardò bene intorno e scoppiò in un pianto senza fine. Era stato tutto un sogno, niente di tutto ciò era accaduto. Il singhiozzare per le tante lacrime, che scendevano senza tregua, che quasi non la facevano respirare, l’angoscia che saliva sempre più …. Il cuore spezzato da quel tuono in mille pezzi… E intanto passavano le ore…. Erano le cinque e mezza, poi le sei, le sei e mezza e ancora lei piangeva, poi le sette meno un quarto. Si rese conto che tra un quarto d’ora si sarebbe dovuta alzare per andare a scuola, si asciugò in fretta le lacrime e cercò di trattenerle, si fece forza e cercò di fare due respiri profondi, ma era come se il respiro si fermasse a metà. Così sistemò il cuscino e appoggiò la testa facendo finta di dormire, non voleva dire nulla né a sua sorella Angela, né alla mamma. Quando alle sette sua madre la chiamò si alzò come se nulla fosse e le diede il buongiorno, fingendo di avere tanto sonno per giustificare la voce rauca. Passata una mezz’oretta la mamma andò a lasciare Angela, e Matilde restò a casa per finire di prepararsi. Pensò a ciò che era successo, tratteneva a stento le lacrime, ma se avesse ricominciato questa volta non poteva nascondersi. Mentre si truccava pensò alle tante lacrime, al dolore provato, all’angoscia che l’assaliva, che le faceva venire voglia di rintanarsi tra le quattro mura della sua stanza, sola, nel letto a piangere, a quell’angoscia che non la faceva mangiare e fu come se in quel momento fosse scattata una molla in lei, aveva capito che doveva dimenticare Giulio o meglio, questo lo aveva già capito, ma adesso le sarebbe venuto tutto più facile, non si spiegava il perché, forse il dolore provato, ma in lei era cambiato qualcosa …. Si mise le scarpe e aspettò che la mamma tornasse per andare a prendere Sofia e andare a scuola, già …..a scuola …. Con ancora tanto dolore dentro, il cuore spezzato e le lacrime trattenute cercò di fare un bel sorriso fingendo che non fosse successo nulla. Era brutto nascondere sempre le proprie emozioni dietro una maschera, ma capiva bene che era necessario. Non valeva la pena continuare a soffrire, tanto prima o poi tutto sarebbe passato, almeno così pensava. Pian piano la ferita si sarebbe rimarginata, sarebbe restata solo una brutta cicatrice che le avrebbe dato una lezione di vita. THE END
Cari ragazzi, l’adolescenza è un periodo bellissimo, ma anche problematico. Si deve vivere a 360 gradi, ci si deve divertire, ma con responsabile consapevolezza delle proprie azioni, è il periodo nel quale anche se si fanno errori si può rimediare e per questo non dobbiamo aver paura di affrontare le cose, perché poi può subentrare il rimorso, ma stando anche attenti a non avere rimorsi per azioni sbagliate che possono ferire chi ci sta accanto. È il periodo nel quale si comincia a capire come gira il mondo, si inizia a soffrire per amore, a soffrire per delusioni inflitte da falsi amici, è il periodo più difficile della vita, ma che va vissuto a testa alta e con un cuore forte. Amate, soffrite, ma abbiate sempre le forza e il coraggio di rialzarvi, confidandovi con qualcuno che sia una persona vera, un amico che farebbe di tutto per voi, che vi voglia veramente bene con i fatti e non solo con le parole, un genitore, un professore, guarite le vostre ferite e soprattutto siate sempre voi stessi, perché è difficile piacere proprio a tutti, l’importante è che alla fine….. vi piacciate voi.