//A COME SREBRENICA

A COME SREBRENICA

di | 2019-06-13T10:09:10+02:00 13-6-2019 9:54|Alboscuole|0 Commenti

Salve a tutti, lettori! Mi ero proposta di scrivere un articolo degno dell’argomento di cui intendo trattare, perché è una tematica importante e delicata. Cercherò di fare del mio meglio per dipingere l’immagine giusta di ciò che ho visto.

Dunque, durante l’anno molti studenti hanno deciso di vedere lo spettacolo teatrale “A come Srebrenica”, monologo recitato da Roberta Biagiarelli. Lei è riuscita egregiamente a rappresentare la tragedia che è stata il genocidio avvenuto nel 1995 a Srebrenica. Dopo vent’anni i cambiamenti non sono stati molti, la povertà è altissima e le ripercussioni della guerra sono forti ed opprimenti. Il dopoguerra è terribile, tanto quanto lo è stata la guerra. Il genocidio del 1995 ha portato via da Srebrenica e da tutti i paesi circostanti la maggior parte, se non tutta, la percentuale di ragazzi e uomini dai 12 ai 70 anni. I morti non hanno ricevuto la giusta sepoltura, i cadaveri sono stati gettati in fosse comuni e ancora oggi ci sono dubbi sull’identità di tutte le vittime, a distanza di venti anni. Le uccisioni sono avvenute in luoghi semplici, che noi tutti conosciamo e che frequentiamo, in scuole e palestre, perché grandi e dispersivi dove si potevano fucilare più uomini possibili. Le donne vennero stuprate in massa e utilizzate come sfogo sessuale non solo dai serbi, ma anche dai caschi blu olandesi. Ma inquadriamo la situazione prima. Dopo la guerra di Bosnia ed Erzegovina che, tra parentesi, è stata una guerra mondiale “nascosta” poiché in questa erano implicate tutte le più grandi forze mondiali, nell’area di Srebrenica era stata incrementata la presenza dell’ONU e dell’UNPROFOR (tutela olandese), che la dichiarò zona protetta e demilitarizzata, garantendo inoltre l’uso della forza da parte delle Nazioni Unite in caso di attacco nemico. Infatti, in quel periodo, l’Esercito della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina, guidato da Ratko Mladic, marciava verso Srebrenica per poter massacrare ed uccidere la fetta della popolazione bosniaca musulmana, credendo oltretutto che la comunità serba fosse la più pura. Arrivando l’esercito sempre più vicino alla città ed essendo tutti i cittadini venuti a sapere dell’area protetta, ci fu una grande migrazione dai paesini fino a Srebrenica, che rappresentava, o almeno avrebbe dovuto, un rifugio. Le condizioni però erano pessime, non c’era cibo e avevano pochissima acqua. Nacque anche una bambina in quel periodo, ma dopo soli due giorni morì assassinata. Nonostante le promesse delll’ONU e delle Nazioni Unite, i caschi blu olandesi non hanno mosso un dito per fermare l’avanzata serba. Hanno peggiorato la situazione, comportandosi da padroni di casa. Nessuno di loro fece mai quello che era stato promesso e migliaia di persone per questo morirono mentre loro scappavano. Per questo il massacro di Srebrenica avvenuto l’11 luglio 1995 viene considerato il più feroce massacro in Europa dai tempi del nazismo, da una parte per il numero di vittime spropositato e per la violenza subita, dall’altra perché alcune tra le principali potenze mondiali (Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti) era reticente, pur avendo grandi responsabilità nei confronti delle popolazioni, nel risolvere il problema (nonostante avesse più risorse). L’attrice al Teatro Sociale di Biella è riuscita a farmi vedere gli alberi che crescevano a Srebrenica, i muri sporchi, le strade vuote, il poco cibo, i pianti dei bambini, la paura. Gli uomini che scomparivano all’improvviso, quando dovevano semplicemente andare in bagno. Le fughe nei boschi, che sono finite sempre in stragi. E poi anche l’ipocrisia dei politici: i serbi che, davanti alle telecamere, si mostravano magnanimi e, spente queste, erano i carnefici. Ed i caschi blu che, arrivati a Srebrenica, sembravano pronti a tutto ma, nel momento in cui stavano per rischiare la vita, sono fuggiti con la coda tra le gambe. Questa signora è riuscita a farmi percepire la rabbia e la sofferenza, nonostante non ci fossero oggetti di scena sul palco, nonostante l’assenza di musica di sottofondo o l’ausilio di un video. Nonostante l’assenza di ciò che di solito ci lascia comprendere l’esistenza di qualcosa, io ho percepito e ho recepito ciò che è successo. Questi fatti hanno visto la luce solo quando le immagini delle violenze vennero esposte in televisione e hanno in questo modo assunto rinomanza. Infatti, dopo ciò, il Tribunale penale internazionale per l’ex-Jugoslavia (ICTY), istituito presso le Nazioni Unite, ha incriminato in totale 21 persone responsabili del genocidio. L’attrice ha rappresentato al meglio alcuni di questi: Momir Nikolic, Radovan Karadzic, Rakto Mladic, uomini al potere le cui azioni sono state smascherate da testimoni e prove schiaccianti. Il Tribunale, che ha condannato all’ergastolo alcuni di questi esponenti solo nel 2011, ha respinto però la richiesta di indennizzo a favore dei sopravvissuti di Srebrenica poichè ha ritenuto responsabili del genocidio i singoli e non l’intera comunità e stato serbo. Infatti non sono state trovate prove certe del fatto che, pur essendo i comandanti dipendenti a Belgrado, l’ordine e la decisione venissero da Belgrado stessa. Questo massacro, come tutte le violenze che si subiscono e che la guerra impone, sono un monito per l’umanità a smetterla di nuocere agli altri, di pensare solo ai propri interessi. Ringrazio moltissimo l’attrice che con cuore e spirito mi ha permesso di percepire la sua rabbia e la sua sete di cambiare le cose nel paese esattamente al di là del mare sul quale viveva lei, perchè siamo vicini, ma non conosciamo davvero come va il mondo oggi. Lei mi ha mostrato qualcosa in più e mi ha trasmesso la speranza e la voglia di fare le cose per bene e fino in fondo, perchè fin troppe persone hanno già sofferto.

Il numero delle vittime va oltre alle 8372.

Alice Manini