di Giorgia Sergio
Lo sapete che ancora oggi, senza saperlo, utilizziamo modi di dire che risalgono al pieno Medioevo, a più di 700 anni fa? E a ricorrere a queste espressioni non sono solo gli studiosi di letteratura ma anche la gente comune e persino, in alcuni casi, noi ragazzi dodicenni.
Incredibile? Ebbene, chi non ha mai detto ad un compagno di scuola frasi del tipo: “Stai fresco, se credi che non avremo compiti per le vacanze”?
L’espressione “stare freschi”, intesa come aspettare qualcosa che non accadrà o andrà a finire male, risale alla Divina Commedia, al XXXII Canto dell’Inferno, in cui Dante descrive il lago ghiacciato di Cocito, in cui sono immersi i traditori, che, sicuramente, colpiti dal vento gelido delle ali di Lucifero, non se la passavano bene.
Certo, oggi l’espressione si riferisce ad una situazione non così tragica, come le famose parole del Canto III dell’Inferno che recitano: “Lasciate ogni speranza voi ch’entrate”. Frase iscritta sulla porta del regno dei dannati e che incuteva paura a tutte le anime costrette a varcarla. Quest’espressione è oggi utilizzata in modo ironico e scherzoso. Probabilmente noi studenti la vedremmo benne sulla porta delle nostre aule prima di una verifica difficile.
E che dire della frase “senza infamia e senza lode” (Inferno, Canto III) tante volte pronunciata dai nostri professori a fronte di una sufficienza stiracchiata? Certo, si tratta di un modo di dire molto più efficace rispetto a un banale : “Potevi fare di meglio!”
Infine, un suggerimento a noi ragazzi, accusati sempre di avere un vocabolario limitato: perché non usare un dantesco “Non mi tange” (Inferno, Canto II) al posto dello scontatissimo “Non me ne importa niente?”
Le espressioni dantesche ancora oggi utilizzate sono moltissime. E’ dunque chiaro che a tutti noi è capitato o capiterà di usare o ascoltare modi di dire tratti dalla Divina Commedia ed è per questo che, in occasione del Dantedì, con i miei compagni di classe ho raccolto alcune di queste espressioni che dimostrano, anche a distanza di settecento anni, l’attualità di Dante e della sua grande opera.