Abbiamo avuto un problema tecnico e siamo in ritardo: il mese più corto dell’anno ci è scivolato via fra le dita ed eccoci qui. Ma non abbiamo intenzione di chiedere scusa. Rubando le parole a Thomas Friedman, saggista e editorialista del «New York Times», vorremmo che accoglieste questo numero con un “Grazie per essere arrivato tardi”… Davvero sarebbe bello se ci fosse qualcuno, almeno ogni tanto, su questa lunghezza d’onda, qualcuno che sorridendo assume il punto di vista di chi non si aspetta che tutto cominci a tempo debito, di chi non si spazientisce, e magari addirittura apprezza. Non arrivare in tempo può essere un regalo, la possibilità offerta agli altri di avere un momento vuoto, l’occasione di un tempo morbido come un mashmellow, e come un mashmellow impossibile da prendere sul serio. Visto che siamo in ritardo, rinunciamo anche a guidarvi, con questo editoriale, fra gli articoli del numero e vi lasciamo soli (scherzo di carnevale?) fra maschere, chiacchiere, amori di San Valentino, anni bisesti e marmotte capricciose … chissà se in questo clima ridanciano riconoscerete gli ingredienti seri che ci sono anche nel numero di febbraio, una ricerca dei ragazzi del liceo sulla Guerra Bianca, l’Agenda 2030 e gli inossidabili progetti linguistici: buona, lenta, lettura.