di PAOLA CAMPAGNA – Maria Pascoli è stata l’onnipresente sorella di uno dei grandi poeti del 1900: Giovanni Pascoli. Personaggio affascinante e controverso, ha saputo creare intorno al fratello l’ambiente di cui aveva bisogno. Questa donna, descritta sempre come la pallida vestale della casa del fratello, ha dimostrato una forte sensibilità e soprattutto un gran carattere, che è ciò che maggiormente colpisce chi ne studia la biografia, biografia di una vita nata nel segno della difficoltà.
Figlia di Ruggero e Caterina Pascoli, Maria Pascoli detta Mariù, nacque nel 1865 poco prima che il padre, amministratore delle immense proprietà dei Torlonia, fosse ucciso, nel momento in cui le difficoltà familiari si facevano gravi.
Dopo la sua morte la famiglia fu costretta a trasferirsi a San Mauro e, diversamente da quanto comunemente si afferma, se pure le condizioni non fossero più prospere come una volta, era ben lontana dalla miseria. Tuttavia la disgrazia maggiore si ebbe con la morte di Caterina Pascoli, che non riuscì a reagire all’assassinio del marito e alla morte di una delle figlie. Fu allora che la situazione, specialmente per Mariù e Ida, l’altra sorella, si fece veramente complicata e le due andarono a vivere per un po’ in casa del fratello Giacomo, il maggiore di età, ma, quando questi decise di sposarsi, furono portate in collegio da dove uscirono solamente quando Giovanni, ormai laureato e professore, le riprese con sé.
Si ricostituì allora il nido che non comprendeva, però, gli altri fratelli che ne restarono sempre al di fuori.
Qualche anno dopo “uscì dal nido” Ida con grande dolore di Maria e Giovanni che vissero il suo matrimonio come un vero e proprio tradimento.
Da allora in poi la vita si sarebbe svolta fra loro due, uniti in ogni momento della loro esistenza e profondamente infelici le rare volte che dovettero, anche se per brevi periodi, allontanarsi.
Mariù fu profondamente legata anche ad un altro colosso della letteratura di questi anni: Gabriele D’Annunzio. Molte furono le lettere scambiate tra i due tra cui anche alcune poesie di Mariù, che furono poi pubblicate sulla rivista “Marzocco”, dove la donna dimostra, se non una profonda cultura, certo la conoscenza di regole poetiche.
Gabriele D’Annunzio inviò a Maria il manoscritto dell’ultimo componimento di Alcyone, il Commiato, che si chiude appunto con un’immagine di Maria:
Ode, così gli parla. Ed alla suora,
Che vedrai di dolcezza lacrimare,
Dà l’ultimo ch’io colsi in su l’aurora
Giglio del mare. (vv.189-192)
Il ritratto di Maria è muto, ma il suo esserci dimostra che D’Annunzio l’aveva incontrata (i loro incontri sono stati brevissimi e non più di due o tre) e aveva anche sentito la forza della sua presenza muta.
L’episodio ebbe anche poi un successivo sviluppo: D’Annunzio inviò a Maria, a Natale dello stesso anno, un panettone.
Maria scrisse allora una poesia di ringraziamento a D’Annunzio che il poeta-vate, autorizzato dalla donna, pubblicò sulla prima pagina della rivista Marzocco, il 10 gennaio 1904:
A Gabriele D’Annunzio
Siedo pensosa, o Gabriel. Da canto
m’è il dono vostro. Con la sua corona
di rose, avvolta nel suo niveo manto,
grande ma buona,
la Pania dice: «A te, povera figlia,
molto fu tolto, molto fu negato!
Alla mia neve pallida somiglia
freddo il tuo fato!
Ma roseo come un cirro mio, ti s’alza
oggi un pensier dall’anima. L’Aedo
ch’a me tuttora per l’opposta balza
giungere io vedo,
lo so, t’offerse il dolce pane… Oh stanco
è tuo fratello dal fatale andare!
A lui lo porgi: per te basti il bianco
giglio del mare!»
Il Vicinelli, che definisce il testo poetico di Maria Pascoli una «più esile voce di poesia», cerca di spiegare la decisione di D’Annunzio di farlo pubblicare: Gabriele,«sempre abilmente garbato», avrebbe voluto guadagnarsi le buone grazie di Giovanni, con cui c’erano
state, nel tempo, delle tensioni e incomprensioni.
Tutta l’ultima parte del Commiato è, infatti, un grande e potente omaggio a Giovanni Pascoli e alla sua poesia, ma la pubblicazione della poesia della sorella era per D’Annunzio certamente il modo migliore per rientrare nelle grazie di Giovanni.
Comunque gli anni più significativi della vita di Maria Pascoli furono quelli dopo la morte di Giovanni, avvenuta nel 1913, perché allora veramente divenne la vestale della sua opera e della sua memoria.
È stata proprio Maria, infatti, a raccontare le memorie del “nido”, “mettendo in campo” le lettere private che Giovannino inviò dalle sue diverse trasferte: sono lettere appassionate, come di un amante prima felice, poi deluso, anzi disperato. Chiama le due sorelle con molteplici diminutivi: «compagnine», «sorelline», «mammine», «anime adorate», «angioline mie belle». Pascoli era inseparabile dalla famiglia, anche quando era lontano rimaneva attaccato alle sorelline. Le lettere sono disseminate di tanti accenni alla loro vita affettuosa. Mariù considerava Giovanni il suo ”figliolino”, mentre lei era per il fratello la sua ”povera mamma”. In questo quasi surreale rapporto tra fratelli, nonostante il loro tentativo di restare attaccati al ” tempo felice”, con il passare degli anni, l’amarezza di Giovanni e Mariù cresceva, assieme alla consapevolezza dell’avvicinarsi della morte.
Le lettere mostrano che i due fratelli si resero conto, ad un certo punto, che la loro vita in comune era stata assurda, perché si erano condannati a un amore non praticabile, a una vecchiaia senza figli.
Anche Mariù, che nella passione per il fratello aveva trovato un senso pieno per la propria vita, era tormentata dal rimpianto per i ”figli suoi non nati”, e tante volte nella corrispondenza con la sorella Ida ricordava ”l’enorme gioia” che aveva ”in quei tre capini biondi”, i nipoti.
Maria morì nel 1953, lasciando, per via testamentaria, al Comune di Barga la casa, la cappella, i libri, i manoscritti di Giovannino, i premi da lui ottenuti, i ricordi di famiglia e quant’altro nella casa è contenuto, con l’obbligo di provvedere alle spese della manutenzione. Fu sepolta nella cappella della sua dimora di Castelvecchio accanto all’amato fratello Giovanni.
Maria ha lasciato la storia della sua vita in un manoscritto che è poi stato pubblicato dopo la sua morte da Augusto Vicinelli:
M. Pascoli, Lungo la vita di Giovanni Pascoli, memorie curate e integrate da A. Vicinelli, Milano, Mondadori 1961.