di FIORELLA ODIERNA – La Giornata della Memoria è stata istituita affinché il mondo intero non dimentichi quella che è stata la più grande sciagura del XX secolo, l’Olocausto. Lo sterminio di milioni di persone voluto dalla Germania nazista è stato qualcosa di talmente folle e disumano da dover essere ricordato per sempre.
Tra tutti coloro che morirono nei campi di sterminio vi furono numerosi personaggi illustri: letterati, poeti, artisti, scienziati, uomini di fede e, naturalmente, sportivi. È doveroso ricordare anche la figura di Arpad Weisz, uno dei più grandi allenatori del calcio, scomparso ad Auschwitz.
Straordinario scopritore di talenti, venne considerato forse il miglior allenatore d’Europa degli anni trenta, amato dai suoi tifosi e rispettato dai suoi calciatori. Ma questo non gli bastò ad evitare il tragico destino che lo avrebbe travolto con la sua famiglia, perché pesò di più il suo essere ebreo.
Era nato a Solt, in Ungheria, il 16 aprile 1896, da una famiglia di origine ebrea. Proprio in quegli anni il football cominciò a diventare lo sport più amato del pianeta.
Arpad Weisz fu uno dei primi grandi calciatori ungheresi. Egli si distinse con la maglia del Torekves, poi passò al Maccabi Brno e quindi partì alla volta dell’Italia, entrando a far parte dell’Internazionale di Milano.
Il suo arrivo in Italia coincise con l’avvento del fascismo.
Appena trentenne decise di appendere gli scarpini al chiodo e intraprendere la carriera di allenatore, affermandosi a Milano con l’Inter. Fu un allenatore rivoluzionario per l’epoca: non curò soltanto nei dettagli la preparazione atletica dei suoi uomini, ma li istruì anche tatticamente prima di ogni gara.
Aveva anche “un occhio lungo”, infatti osservò con attenzione un ragazzo delle giovanili e decise di promuoverlo immediatamente in prima squadra.
Si trattava di Giuseppe Meazza, chiamato “Balilla”, il termine con cui, in periodo fascista, venivano indicati quelli che erano bambini o poco più. Egli realizzò goal a grappoli fin da subito e diventò uno dei migliori calciatori nella storia del calcio italiano.
Nel 1930 l’Inter vinse lo Scudetto: fu lo Scudetto di Meazza, che segnò la bellezza di 31 reti. Ma quello fu soprattutto lo Scudetto di Arpad Weisz che a 34 anni diventò l’allenatore più giovane ad aver mai vinto il campionato.
Nel 1935 arrivò la chiamata del Bologna e l’allenatore si consacrò definitivamente tra i grandissimi.
Il Bologna conquistò il campionato 1935/1936 e nell’estate del 1937 il club rossoblu venne invitato al prestigioso “Torneo Internazionale dell’Expo di Parigi”, la Champions dell’epoca. Il Bologna dominò gli avversari passando alla storia come: “Lo squadrone che tremare il mondo fa”.
Purtroppo il mondo intorno stava impazzendo: le “leggi razziali” trasformarono gli ebrei in individui indesiderati a cui veniva impedito di lavorare e di mandare i figli a scuola. Weisz dovette rassegnare le dimissioni e con la famiglia, la moglie Ilona e i figli Roberto e Clara, lasciò la città a cui tanto si era legato.
Si fece ospitare prima a Parigi e poi in Olanda, convinto di ricominciare a fare l’allenatore.
La Germania di Hitler era però alle porte e, quando invase il paese, tutti gli ebrei che vivevano in Olanda vennero schedati, poi imprigionati e infine mandati a morire. I Weisz non ebbero più scampo: furono prima reclusi nel campo di prigionia di Wersterbork, lo stesso in cui fu imprigionata Anna Frank, e poi deportati ad Auschwitz.
Ilona, Roberto e Clara furono immediatamente dirottati a Birkenau, dove morirono poche ore dopo l’arrivo nelle camere a gas. Arpad, invece, nella spietata logica nazista, aveva ancora un fisico degno di essere sfruttato.
Finì in un campo di lavoro, ma ormai era un uomo distrutto che andava avanti, giorno dopo giorno, soltanto con lo spirito di sopravvivenza che ogni uomo ha dentro di sé, nonostante tutto quello che credeva e amava non esisteva più.
Il suo destino era segnato: dopo poco più di un anno venne spedito ad Auschwitz. Al suo arrivo un ufficiale lo invitò a fare una “doccia”: fu in questo momento, mentre l’acido cianidrico sprigionato dai soffioni si espanse nella piccola stanza, in cui era rinchiuso con decine di altri come lui, che Arpad Weisz morì, il 31 gennaio del 1944, ricongiungendosi finalmente all’amata famiglia.
Matteo Marani proprio ad Arpad Weisz ha dedicato uno splendido libro intitolato: “Dallo Scudetto ad Auschwitz”, uscito nel 2007, che ricostruisce gli ultimi anni di vita del grande allenatore dal tragico destino.
Il 25 Gennaio 2018, a Bologna, è stata dedicata a lui la curva San Luca dello stadio Dall’Ara e in suo onore è stata posta una targa allo stadio “Giuseppe Meazza” di Milano.
Oggi Weisz è, giustamente, conosciuto da tutti gli appassionati di sport, non solo come il migliore allenatore della sua epoca, ma anche come un uomo la cui ascesa inarrestabile fu fermata soltanto dalla folle ideologia nazifascista.