Quest’anno è diverso dagli altri che passano in fretta, è un anno che sembra un millennio, che ha tolto qualcosa a tutti noi i pomeriggi con gli amici, le domeniche con i parenti, gli allenamenti sportivi. Ci ha tolto il contatto fisico, la nostra prima forma di affetto. Da marzo abbiamo capito cosa vuol dire volersi bene a distanza, senza contatti fisici. Probabilmente noi alunni all’inizio eravamo entusiasti della didattica a distanza, ma siamo finiti per non poterne più di socializzare solo attraverso i dispositivi elettronici. Io ho finito la quinta elementare in DAD, ho saltato la recita, la gita e tutti i programmi che avevamo per l’anno scolastico.
Durante il periodo estivo sembrava quasi tutto normale, le mascherine erano solo un ricordo; tutti ci siamo goduti la spensieratezza estiva fra mare e campagna. Era favoloso tornare alla normalità.
Ma abbiamo cantato vittoria troppo presto. Il COVID è tornato e i casi sono aumentati più di prima. Noi studenti siamo tornati a scuola in presenza, con la mascherina tirata sul naso, una scomodità unica che ci fa rimpiangere la normalità degli anni precedenti: ci rendiamo conto di quanto teniamo a qualcosa finché non ci viene sottratta.
Ora siamo a fine dicembre, il mese natalizio che tutti amano: di solito si passa in famiglia con cugini, zii, nonni, amici. C’è il pranzo di Natale con tutti quei profumi invitanti, ci si abbuffa fra salumi, carne, focacce e mille dolciumi portati da nonne e zie; i brindisi, il rosso con cui ci si veste, lo scambio di regali tra le amiche del cuore, le canzoncine che si canticchiano tutto il giorno. Ma quest’anno nulla di questo è possibile: solo il cerchio ristretto familiare resta insieme, tutti ne soffriamo ma è la scelta migliore per far che ci sia un “nuovo inizio”.
La vera domanda è: – Quando arriverà questo “nuovo inizio”?-
Questo Natale appena passato è stato silenzioso e neutro; negli anni scorsi la casa era piena di musica, urla di cuginetti, profumi d’arrosto, buffet, ma soprattutto di armonia: quest’anno comunque sono stata in compagnia di due miei cugini, per mia fortuna ho due sorelle con cui divertirmi ma ho sentito la mancanza del resto della famiglia.
“In ogni esperienza c’è un lato istruttivo e uno distruttivo”: questa frase l’ho inventata io, mi è servita di sostegno, ma rispecchia la realtà. Da quest’esperienza sto imparando ad amare senza contatto fisico, è difficile ma lo abbiamo fatto tutti mesi fa, per dare una svolta alla pandemia; è stato utile, se lo rifacessimo in questi mesi torneremmo alla normalità tanto rimpianta.
Per mia fortuna i miei genitori lavorano ugualmente da casa, fanno il tampone spesso, la mia vita in campagna è tranquilla… anche se mi manca la vita che un tempo definivamo quotidiana: alzarsi alle 06:30, lavare i denti, ripassare le materie orali, mangiucchiare qualcosa, correre a scuola, il sabato fare lo shopping nei centri commerciali, invitare le amiche a pranzo, andare in palestra….
Dato che sono ottimista, penso che un giorno tornerà tutto come prima, dobbiamo fare l’ultimo sforzo, e i risultati di questo atto saranno notevoli.
Giorgia Santoro – classe I E