di GIADA LAURETI – Era la notte del 18 luglio 2017 quando mio padre fu colpito da un TIA ovvero un attacco ischemico transitorio, comunemente chiamato Ictus.
Abitando a Favignana mio padre fu portato con l’elicottero della croce rossa italiana, all’Ospedale Sant’Antonio Abate di Trapani, ecco proprio di questo vi volevo parlare.
Ero spaventata e impaurita dall’idea che mio padre venisse traferito lì perché avevo sentito parlare malissimo di questo ospedale, l’unica speranza che io e la mia famiglia avevamo era un miracolo, perché purtroppo a mio padre era scoppiata un’emorragia molto estesa in testa che aveva bruciato l’emisfero sinistro.
Quella notte non sapevo che l’ospedale di Trapani fosse di uno dei 18 centro in Italia ad essere fornito del reparto di Stroke unit, comunemente chiamato Trombolisi, che consiste in un liquido che viene iniettato all’interno del corpo che limita i danni causati dalla pressione sanguigna. Questo intervento costituì la svolta, la luce in fondo al tunnel.
Sembrava essere andato tutto bene, ma mio padre aveva ormai perso la parte destra del corpo. Da persone ignoranti io e mia madre ce la prendemmo con i dottori, ma dopo qualche giorno la vera sorpresa. Mio padre comincio a farci intendere che capiva anche se ci sarebbe voluto tanto per riprendersi. I dottori ci avevano confermato che ci sarebbe voluto 1 anno di riabilitazione.
Ma grazie alla STROKE UNIT mio padre, dopo due mesi era a casa.
Non sto scrivendo questo articolo per intenerire qualcuno, ma semplicemente per dire che non è sempre colpa dei dottori o degli ospedali se purtroppo qualcosa va storto.
Ricordiamoci che i dottori sono esseri umani, solo con un briciolo di coraggio in più, perché fidatevi che per lavorare in un reparto di neurologia ci vuole tanto cuore, ma soprattutto tanto “ fegato “.