a cura di Emanuele Serena – classe I/E – scuola secondaria di i grado –
Il primo momento della quarantena me lo ricordo come se fosse ieri. Era un normale Mercoledì’: mi sveglio, faccio colazione, vado a scuola, torno a casa e così’ via. A quel punto vengo a sapere, da mia madre, che la scuola in presenza sarebbe potuta finire da quel giorno. All’inizio, ho pensato che mi volesse fare uno scherzo, così sono andato a fare i compiti e a ripassare grammatica, visto che Giovedì era in programma la verifica. Ma il telegiornale della sera ha confermato la notizia e allora, felice, ho giocato fino a tardi.
Il mio primo giorno di lezione da casa è stato un vero percorso a ostacoli: sono dovuto andare a riprendere i libri lasciati a scuola, mi sono dovuto abituare a fare i compiti senza la spiegazione dell’insegnante (che ho capito essere importantissima), ho dovuto condividere con mia madre il computer e ho dovuto imparare ad usarlo meglio. Inizialmente mi sono sentito emozionato, poi molto triste perché non potevo giocare, parlare e scherzare con i miei cari amici, e così mi sono dovuto accontentare della play station, con la quale ho potuto mettermi in contatto con gli altri. Non sarà stato un contatto reale, ma mi ha tenuto compagnia.
Finalmente oggi posso uscire con gli amici, con cui ho già fatto lunghi e spericolati giri in bicicletta, anche in mezzo ai campi; ho giocato a calcio in giardino e sono andato con gli amici in piazza per vedere un po’ di gente. Solo adesso ho riassaporato la bellezza della mia età: uscire con i miei coetanei!
Ho capito che i virus sono una cosa brutta, ma reale, perché mi hanno fatto saltare la Pasqua e la festa dei Ceri, una tradizione eugubina a cui mia madre ed io abbiamo partecipato con tanta gioia in tutti gli anni passati, ma non quest’ anno.
A questo punto mi manca ancora di riprendere gli allenamenti di calcio e riabbracciare i miei compagni di scuola, e spero di poterlo fare prima possibile