Di Paolo Matteri
Per celebrare la festa dei lavoratori, caduta il primo giorno di questo mese, abbiamo pensato di intervistare un operatore sanitario: questa è l’intervista realizzata intervistando un’infermiera professionale del reparto nefrologia dell’Ospedale A. Manzoni di Lecco.
Michela Mazzucchi da 15 anni esercita la professione di infermiera nell’Azienda ospedaliera di Lecco; in questo ruolo è stata impegnata ad assistere i primi malati positivi di covid-19.
QUEST’ANNO E’ STATO UN 1 MAGGIO PARTICOLARE: L’HAI PASSATO LAVORANDO?
Sì, ho lavorato di pomeriggio delle 14:00 alle 22:00
SECONDO TE, COME PERSONA CHE VIVE IN PRIMA LINEA QUESTA EPIDEMIA, IL GOVERNO SI STA COMPORTANDO IN MODO ADEGUATO?
A mio parere, il Governo è stato colto impreparato a questa pandemia.
Ci sono protocolli mondiali specifici per affrontare le pandemie, ma non sono stati presi in considerazione all’inizio, forse perché, come abbiamo fatto un po’ tutti, questa pandemia veniva considerata un’influenza un po’ più complicata rispetto alle comuni.
Penso che il Governo si sia trovato a prendere decisioni non semplici e sfido chiunque a dire che avrebbe fatto meglio o preso strade più appropriate.
All’inizio, per non diffondere panico tra gli italiani, il Governo ha pensato di dare delle limitazioni, ma poi, chiudendo tutto e annullando la circolazione di persone e quindi del virus, ha preso la decisione migliore per la salute di tutti.
Se inizialmente si pensava solo all’economia, che ovviamente ha avuto un tracollo, in seguito la priorità è diventata la salute dei cittadini.
Pensando all’ambito sanitario, penso che questa pandemia abbia solo evidenziato carenze che da molto tempo si segnalano, come la mancanza di personale, di presidi, dovute ai tagli ai fondi sanitari: sono carenze volute da molti governi (sia di destra che di sinistra).
Negli ultimi venti anni e più, non è più stato il malato al centro delle decisioni governative in ambito sanitario, ma il risparmio di forze lavorative e gli incrementi del D.R.G. (diaria ricoveri giornalieri)
CI SONO STATI DEI MOMENTI IN CUI HAI AVUTO PAURA?
Effettivamente sì, ho avuto paura che questa pandemia colpisse me e di conseguenza anche i miei familiari; ma è stata ed è tuttora una “paura” temporanea, che riaffiora alla mente se mi fermo a pensare al tutto; quando sono sul lavoro, invece, non ci penso, così posso operare ed agire in modo appropriato e responsabile.
Anche quando sono a casa evito i contatti diretti con le mie figlie, utilizzo sempre la mascherina quando sono con loro e mi tengo a debita distanza.
CON QUALE STATO D’ ANIMO LAVORI?
Sul lavoro sono sempre stata tranquilla, adottando tutte le precauzioni necessarie e utilizzando i D.P.I. in modo appropriato e consapevole.
DAMMI UN TUO PARERE SU QUESTA PANDEMIA
La pandemia ha fermato il mondo. Ha costretto le persone a rallentare o addirittura a fermare la vita frenetica che conducevano. E’ da considerarsi come lato positivo, si sono scoperti momenti più intimi da vivere con la famiglia, si sono evidenziate quali sono le effettive priorità che abbiamo; si sono riscoperti suoni, colori e silenzi che prima si ignoravano.
E’ anche vero che questa pandemia mi ha portato via persone, moltissime persone, che ho incontrato nella mia vita; ma altrettante persone sono riuscite a guarire, a sconfiggere il virus e per questo sono contenta perché ho contribuito a dare forza e coraggio a chi ne ha avuto bisogno.
COME VI COMPORTATE VOI OPERATORI SANITARI QUANDO TORNATE A CASA?
Prima di scendere dalla macchina, disinfetto con una soluzione alcolica mani, volante, leva del cambio e ciò che ho toccato. Quando arrivo in casa eseguo un lavaggio accurato delle mani con acqua e sapone, tengo sempre indossata la mascherina chirurgica quando sono a meno di 2 metri dalle mie figlie, igienizzo il bagno con una soluzione di ipoclorito di sodio dopo averlo utilizzato.
QUALI D.P.I. UTILIZZATE?
Al lavoro tutti indossiamo sempre le mascherine chirurgiche e le cuffie per contenere i capelli.
Quando si entra in camera di un paziente infetto da covid-19 bisogna indossare D.P.I. più specifici.
– cuffia
– mascherina filtrante FFP2
– calzari
– disinfettante mani
– un paio di guanti
– camice
– occhiali protettivi o mascherone
– disinfezione guanti
– 2^ paio di guanti
L’ingresso nella camera con pazienti covid positivi deve essere concentrato nel tempo e limitato il più possibile.
Quando si esce, si riposiziona immediatamente la porta chiusa e si disinfetta più volte nei turni la maniglia con una soluzione alcolica.
QUANTI CASI DOVETE SEGUIRE?
Essendo il mio un reparto specialistico nefrologia e dialisi, qui accedono solo pazienti con problemi renali, o che hanno subito un trapianto di reni, che sono risultati positivi al tampone del covid.
All’inizio della pandemia avevamo allestito 5 posti letto per i covid positivi, ma nell’ arco di cinque giorni tutto il reparto è stato organizzato per l’emergenza.
Fortunatamente non è mai successo di avere tutti e 25 i posti letto occupati, nel momento critico della pandemia siamo arrivati ad averne al massimo 20 contemporaneamente.
Fra questi casi abbiamo avuto diversi pazienti con casco CPAP per la respirazione; gli altri pazienti avevano la maschera Venturi, o il respiratore, o gli occhialini.
IL TUO LAVORO E’ CAMBIATO CON L’EPIDEMIA?
Sì, il mio lavoro con l’epidemia è cambiato sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo.
L’ assistenza del paziente è rimasta invariata, ma la modalità di organizzazione del lavoro è stata chiusa, stravolta e rivista per combattere l’emergenza sanitaria in corso.
Quantitativamente parlando, il lavoro è aumentato notevolmente: giorni di ferie e riposi sono stati sospesi per poter coprire i turni, non tanto per malattie covid correlati, ma per la necessità di aumentare il numero di personale presente in ciascun turno.
Da quanto si può dedurre dalle parole di Michela, è evidente che l’emergenza Covid 19 è stata, ed è ancora, un’emergenza sanitaria molto difficile da affrontare sia dal punto di vista professionale che umano.
Auguriamo a chi è stato colpito da questo malefico virus di riprendersi al più presto e vogliamo rivolgere un pensiero a chi, annoiato sul divano, si è lamentato perché invitato a non uscire di casa.
Se costui ci sta leggendo, provi anche solo per un breve istante a pensare a chi non ha potuto annoiarsi, a chi non si è nascosto ma, in prima linea, ha combattuto e sta combattendo per la salute degli altri: fra questi c’è anche chi, e non sono pochi casi, mentre non si annoiava ha perso la propria vita.