ins. Rella Maddalena. Un giorno inaspettatamente, abbiamo detto ai bambini figli o alunni che essi siano, che non potevano più andare a scuola, perché dovevamo sconfiggere un nemico, stando a casa. Con l’emergenza mondiale legata alla diffusione del Coronavirus, sembra di vivere in un film o in un videogame, ma questa situazione non è affatto un gioco, bensì un periodo storico. Dall’oggi al domani tutte le scuole e le istituzioni formative ed educative hanno chiuso porte e cancelli, costringendo bambini e ragazzi a vivere, esclusivamente, tra le mura di casa insieme a genitori impegnati nel dover riorganizzare la gestione della casa, degli spazi dei figli e dei loro compiti scolastici. Si, i compiti scolastici perché di fronte alla domanda: “Perderanno l’anno scolastico?” La scuola non si è arresa, anzi la didattica non si è fermata. La nuova didattica denominata DAD, ossia didattica a distanza, ha condotto gli insegnanti a rimodularsi, a prendere dimestichezza con Gsuite, Classroom, infiniti tutorial; hanno imparato a fare videoconferenze, videochiamate di gruppo o lezioni videoregistrate, video letture e fiabe illustrate, a consigliare link che conducono ad attività accattivanti. I cellulari e i computer sono diventati i nostri unici strumenti, l’ancora di salvezza della scuola, consentendo il proseguo di obiettivi educativi e formativi e rendendo ancora più evidente come l’ambiente di apprendimento non coincida più, come nella concezione tradizionale, con il solo spazio fisico che delimita l’aula scolastica; confidando in una connessione a volte lenta e comprendendo i disagi di quelle famiglie che, non possedendo adeguate risorse tecnologiche, inizialmente hanno sopportato anche i conflitti tra fratelli per la condivisione di un unico schermo. E’ la nuova didattica dell’era del Covid-19 che fa mille sforzi per impegnare, per non abbandonare, per conservare il contatto con gli alunni e che con nuove strategie e con nuovo animo cerca di non far pesare più di tutto la mancanza delle relazioni interpersonali, contesto di vita e di crescita umana. E’ la didattica che utilizzano gli insegnanti per dimostrare la loro costante presenza, sia agli alunni che alle famiglie così da alleviare in qualche modo il carico emotivo legato alle attività scolastiche e alle incertezze del nuovo futuro. Per la nuova generazione, nata nell’era della tecnologia, interconnessa e iperconnessa è stato quasi naturale seguire tale metodologia, mortificando purtroppo la loro necessità di socializzazione. Anche se il Piano Nazionale Scuola Digitale, sostiene l’utilizzo delle tecnologie digitali, integrando la cultura multimediale con quella scolastica e familiare attraverso un’educazione ai, con e per i media è stata una sfida perché la scuola non è ancora sufficientemente pronta a trasferirsi online ma ha accettato tale sfida con l’obiettivo di non lasciare indietro nessuno. Nonostante gli sforzi, a mio parere, l’educazione appare quasi nuda, perché noi insegnanti siamo state depauperate di ciò che ci rende educatori, cioè dei bambini. Appare nuda perché la relazione educativa con i bambini, richiede contatto diretto, compresenza fisica a maggior ragione, se si considera che il fare dei bambini della scuola dell’infanzia è concreto ossia è supportato dalla percezione, dall’azione, dalle manifestazioni non verbali, dalla prossimità fisica. In assenza di prossimità fisica , di relazione educativa diretta viene compromesso il messaggio educativo fondamentale che dice: “mi prendo cura di te, per me sei prezioso” struttura fondamentale di qualunque relazione educativa e di insegnamento- apprendimento, che permette a colui che apprende, di rivolgersi con fiducia verso il mondo da conoscere e di avere fiducia nella propria capacità di farcela di fronte a situazioni problematiche e sconosciute. Nella didattica a distanza la comunicazione relazionale che si manifesta con: l’espressione del viso, il tono della voce, la postura del corpo e che dicono ” tengo a te” viene opacizzata e deve piuttosto concentrarsi su qualche video, risultando frammentaria e poco incisiva. Inoltre la didattica a distanza viene fruita individualmente dai bambini, perdendo la vita di gruppo che non significa solo perdita di occasioni sociali ma perdita anche di crescita sociale fatta di regole. Il compito di noi insegnanti in questa nuova didattica è a mio parere, quello di concentrarsi sul senso relazionale, piuttosto che sulla trasmissione di quantità di contenuti veicolando il messaggio di cura: “Continuiamo a pensarvi, facciamo quanto possibile perché per noi siete preziosi”. Si tratta di accogliere anche il vissuto dell’adulto così da dare risposte rassicuranti e utili che saranno poi trasferite ai bambini che naturalmente si pongono delle domande su quanto stia accadendo e per quanto piccoli hanno bisogno di capire come funzionano le cose e trarre da questa comprensione un senso di sollievo e di fiducia come per gli adulti. In questo contesto, gli insegnanti diventano facilitatori e i genitori interlocutori dei loro bambini così da rafforzare anche in questa situazione tragica, il rapporto tra istituzione educativa e famiglia. Uno sguardo particolare va a quei bambini svantaggiati e con situazioni di disabilità che hanno perso le figure di riferimento e la cui concentrazione di fronte a uno schermo è molto breve. Bambini che acquisivano tranquillità per mezzo di rituali quotidiani legati al tempo e agli spazi scolastici. Da tutto questo noi insegnanti abbiamo imparato a trasformarci senza perdere di vista che la scuola prima di insegnare educa e che tale azione diventa tanto più efficace quanto più riusciamo ad entrare nell’animo dei bambini, nei loro respiri fatti di paure e di successi. Pertanto quando ritorneremo a riabbracciarci a silenziare quegli audio e a ricostruire relazioni significative, le insegnanti potranno dire che con la didattica a distanza “HANNO FATTO QUELLO CHE POTEVANO CON AMORE”.