di Francesco Altamura, 2E
Caro diario,
lo sappiamo tutti che questo periodo non è uno dei migliori e che quest’anno non ci stia dando tante soddisfazioni, ma dobbiamo tenere duro e pensare positivo. Era la fine di gennaio e diversi telegiornali cominciavano a dare notizie provenienti dalla Cina riguardo ad un virus molto pericoloso che iniziava a provocare moltissime vittime. A queste notizie il mio primo pensiero era dispiacere per quella popolazione ma anche preoccupazione che prima o poi sarebbe potuto arrivare anche in Italia. Ed ecco che a metà febbraio annunciano la presenza del COVID-19 (Coronavirus) anche nel nostro Paese. In particolare nel nord Italia questo terribile virus ha iniziato a diffondersi a macchia d’olio. Il 4 marzo sembrava un giorno come gli altri, mi sono svegliato alle 7:00 e sono andato a scuola. Io e i miei compagni eravamo abbastanza tranquilli anche se sapevamo che al nord c’era questa epidemia ma, siccome al sud c’erano solo pochi contagi, non eravamo preoccupati più di tanto. La giornata scolastica è trascorsa serenamente, ma quando sono tornato a casa, in tv, al telegiornale la ministra dell’istruzione Azzolina e il presidente del consiglio Conte discutevano sul chiudere o meno le scuole e nel tardo pomeriggio è arrivata la notizia che dal giorno successivo non dovevamo andare più a scuola fino al 15 marzo. All’inizio ero contento perché pensavo che sarei potuto uscire con i miei amici, ma i miei genitori non me lo hanno permesso perché hanno capito subito la gravità della situazione a cui stavamo andando incontro. Dopo un paio di giorni hanno chiuso anche le palestre, i cinema, i bar, teatri e a poco a poco tutti i negozi che non vendevano beni di prima necessità. Da quel momento siamo diventati molto assidui nel seguire le notizie e nell’adottare le norme di sicurezza per ridurre il più possibile il contagio. Abbiamo iniziato a lavarci spesso le mani, a non toccarci bocca e occhi, ad uscire solo con la mascherina, a mantenere un metro di distanza gli uni dagli altri, ma con dispiacere notavo che molte persone continuavano a fare la solita vita incuranti di queste norme. Siccome la situazione peggiorava giorno dopo giorno il 16 marzo non siamo più tornati a scuola e ciò significava che non potevamo neppure più uscire di casa se non per gravi o importanti motivi. A questo punto la nostra vita è iniziata a cambiare radicalmente. Le giornate non erano più come prima, sotto alcuni punti di vista sembravano tutte uguali mentre per altri iniziavano delle vere e proprie novità. La prima è stata quella di crearsi un e-mail istituzionale perché stava cambiando il modo di dover seguire le lezioni, infatti abbiamo iniziato da subito a fare delle videoconferenze. All’inizio aveva uno strano effetto vedere amici e professori dietro uno schermo perché eravamo abituati ad avere contatti più diretti, ora invece è diventata un’abitudine. Sotto questo aspetto il Coronavirus ha fatto sì che ognuno di noi cominciasse ad acquisire nuove competenze tecnologiche ad esempio i compiti vengono appresi e trasmessi solo in maniera digitale, poi alcune spiegazioni vengono fatte con nuove metodologie didattiche. Inoltre il fatto di dover stare più tempo a casa ci ha fatto riscoprire la bellezza dello stare sempre tutti insieme a pranzo, a cena, gustando cibi fatti con le nostre mani prestando molta più attenzione allo spreco proprio perché è diventato più difficile poter uscire tutti i giorni per fare la spesa. Siamo diventati anche più creativi infatti ad esempio io aiuto spesso mia sorella a creare oggetti con materiale riciclato tirando fuori delle doti che neppure io pensavo di avere. Ho imparato anche a rifare in casa degli esercizi di attività fisica che facevo in palestra utilizzando solo un semplice tappetino.
In questo particolare momento siamo riusciti anche a trovare più tempo per noi stessi e quindi a guardarci un film fino alla fine perché la sveglia la mattina non suona così presto come quando si va a scuola. Abbiamo anche imparato a lamentarci di meno e a capire quanto siamo fortunati rispetto a chi invece in questo periodo sta affrontando dure prove sia a livello lavorativo che di salute. Io ad esempio mi sento felice anche per le piccole cose che succedono a casa che prima davo per scontato. Ci ha portato anche ad apprezzare quanto sia bello stare in casa perché ci fa sentire sicuri e non “in gabbia”. Infine questa pandemia ci ha portati ad apprezzare e ad avere la nostalgia della vecchia quotidianità che a noi sembrava faticosa e a volte anche noiosa. Il dover andare a scuola che prima poteva essere un peso per il doversi alzare presto, svolgere i compiti, fare le verifiche, in questo momento difficile è diventato un desiderio per ognuno di noi.