a cura di Anna Chiara Argentino – classe III/C secondaria di I grado –
Ventesimo giorno di quarantena.
Questi giorni difficili sono sempre ripetitivi, le uniche differenze che possiamo notare riguardano l’aumento di morti e contagiati e sinceramente preferirei non notare certi cambiamenti, ma questa mattina è diversa: mi alzo dal letto intorno alle 10:00 e ,fuori dal balcone della mia stanza, noto qualcosa di nuovo.
Non sarebbe la prima volta che il meteo la sera prima preveda neve e poi alla fine non succeda nulla , eppure questa volta ha avuto ragione.
Mi dirigo subito verso il finestrone, lo apro fregandomene del freddo che potrei provare , essendo scalza.
Non vedo la neve probabilmente da anni e forse per questo ne sono tanto stupita alla vista.
Mi tornano in mente i momenti della mia infanzia nei quali, quando si verificava una nevicata, anche minima, si correva in strada a giocare tra amici e in famiglia…una sorta di nostalgia mi riempie ora il cuore.
Il pensiero, adesso, di non poter mettere piede fuori di casa, nonostante stia accadendo una cosa simile, mi rattrista e ,dopo aver riflettuto, prendo il mio cellulare e scatto alcune fotografie.
Salgo al piano di sopra e ,dalla terrazza , noto Assisi innevata: una meraviglia!
Faccio colazione e mia madre mi invita ad osservare il paesaggio e il mio cane che, fuori, si diverte a giocare con la neve.
Torno nuovamente nella mia stanza e, non avendo voglia di avvantaggiarmi i compiti in una giornata simile, essendo per di più costretta a stare in casa , decido di mettere a posto i cassetti della mia scrivania che, successivamente, mi servirà.
Inizio svuotando il cassettone e, al suo interno, trovo vecchie scatole con dentro colori di tutti i tipi , che probabilmente nemmeno funzionano.
Svuoto gli altri due ed inizio a separare ciò che voglio tenere per ricordo da ciò che non mi servirà a nulla.
Rovistando tra vecchi quaderni mi imbatto in un album di vecchie foto e inizio a sfogliarlo.
Una vecchia immagine cattura la mia attenzione.
Questa ritrae me a cinque anni e mia sorella a sette, distese a ridere in un prato.
Dietro intravedo un’ abitazione che mi fa collegare il tutto.
La casa, io e mia sorella su un prato in campagna.
Dovevamo essere a Poggiarello.
Poggiarello, situato tra i monti, è un piccolo paesino nel comune di Foligno.
Lì i miei genitori,appena laureati, avevano comprato un rudere.
Ricordo ancora i racconti di quell’acquisto.
Non avevano ancora soldi, erano lontani dalle loro famiglie e necessitavano di un’abitazione.
Comprarono questo podere in campagna con un enorme uliveto.
All’epoca c’erano solo erbacce ed una struttura in mattoni abbandonata,
loro decisero di rendere abitabile quell’ edificio sconnesso e ci riuscirono.
Con il passare del tempo riuscirono con il loro lavoro a racimolare soldi e decisero di costruire una bella casa in quel terreno lì.
Si sposarono e mia madre diede alla luce mia sorella.
A quel punto si trasferirono in una casa a Ponte Felcino perchè necessitavano di essere più vicini alla città per motivi lavorativi.
Dopo due anni nacqui io.
Ci ritrasferimmo a Bastia Umbra.
Spesso andavamo a Poggiarello per stare un po’ in campagna e respirare aria pulita.
Ricordo ancora le pareti gialle della casa, con i finestroni in legno marrone,
il caminetto che accendevamo in inverno, la camera mia e di mia sorella , con due lettini uno vicino all’altro.
Ma ricordo ancora meglio l’odore di umidità delle pareti causata appunto dal fatto che spesso mancavamo da quella casa per periodi più o meno lunghi, i peluche che io e mia sorella portavamo ogni volta laggiù e la raccolta delle olive per ricavarne l’olio, i pic nick che facevamo buttandoci direttamente nell’erba alta o i momenti in cui noi sorelle ci addormentavamo dentro la carriola per la legna.
Ora, con la neve fuori dalla finestra, ricordo quando eravamo in quella casa e nevicava.
I campi si riempivano di neve ed io e la mia famiglia, in una discesa sterrata, ci mettevamo dentro dei sacchi neri dell’immondizia (puliti ovviamente) e scivolavamo giù dalla discesa.
Ricordo le urla di mio padre che si spaventava a vedere noi scendere fino a scomparire.
Ricordo la neve che entrava nei guanti troppo grandi per le mie mani di bambina e che me le congelava fino a farmi piangere, ma ricordo anche mia mamma che cercava di riscaldarmele con il phon appena rientrati in casa.
Sono semplicemente ricordi d’infanzia che restaranno ,spero, per sempre nel mio cuore.
Ora manco da molto tempo in quella casa, penso anni ormai.
Rimpiango quei momenti in famiglia felici, senza cellulari , internet ma con dei vecchi telefoni che hanno permesso di scattare quella fotografia che ora mi sta riportando alla mente certi ricordi.
Vorrei tanto tornare a quei tempi, ora che siamo costretti per il nostro bene a rimanere in casa e a non uscire, più che mai.
Tuttavia tutto questo ci servirà per apprezzare meglio, quando tutto ciò sarà finito, i momenti che spesso diamo per scontati ma che sono i più preziosi.