di Ludovica Di Marco – 1^C –
Le conoscenze dei Romani in campo medico si basarono per molto tempo su credenze superstiziose e su riti magici Etruschi, difatti la professione del medico non esisteva: solo durante la guerra e durante le pestilenze vi erano dei curator in grado di provvedere assistenza medica. Pertanto, si ricorreva alla medicina domestica, dove nel nucleo familiare il pater familias assumeva il ruolo di guaritore: le cure erano a base di vino, olio e lana e molte volte si ricorreva all’invocazione dell’ausilio dei Lari e dei Penati, infatti, Catone, custode della medicina tradizionale, preferiva l’uso di metodi naturali e di pratiche magiche, giacché la malattia era considerata una prova da superare.
Dopo la conquista della Sicilia e della Grecia, molti medici ellenisti iniziarono a diffondere le loro nozioni, tuttavia, non erano ben visti dai Romani, poiché i loro principi si basavano su un intervento diretto al problema, laddove le pratiche tradizionali non agivano sulla malattia, ma si limitavano a seguire il decorso naturale del male, dunque i metodi orientali erano considerati invasivi. Il primo greco ad aprire un ambulatorio a Roma fu Arcagato, che conquistò il soprannome di carnifex, egli era specializzato in amputazioni e in incisioni, che molto spesso portavano alla morte, considerando le condizioni igieniche del tempo. Sebbene molti medici orientali fossero preparati, altri, invece, non avevano nessuna competenza e pensavano unicamente al guadagno, inoltre, secondo Catone, i Greci approfittavano della loro professione per potersi vendicare della conquista romana, uccidendo gli abitanti dell’impero. Ciononostante i medici “forestieri” si affermarono a Roma, cosicché ricevettero sia da Cesare sia da Augusto la cittadinanza romana. In seguito, molti aristocratici istruirono i loro schiavi più dotati alla medicina, in modo da avere un curatore personale.
Galeno, un importante medico dell’antichità, si accorse che alcuni dottori erano del tutto impreparati o pretendevano che la medicina si potesse assimilare in meno di un anno. Successivamente, nel II secolo d.C., nacque la prima scuola medica, gli aspiranti dovevano frequentare i corsi per sei anni, di cui quattro erano sullo studio della fisionomia e dell’anatomia. Nel 200 d.C. l’imperatore Settimio Severo istituì un esame abilitativo che tutti avrebbero dovuto superare per praticare la professione.
Lo studio medico non era molto diverso dalle altre botteghe; era arredato con sedie, sgabelli, cassapanche contenenti gli strumenti e molte volte vi era anche un lettino. Gli interventi avvenivano con il paziente quasi dormiente e che era tenuto fermo dagli assistenti, poiché, considerando le parole di Seneca, i medici non esitavano a tagliare e a bruciare. Furono costruiti anche degli ospedali, che avevano la funzione di lazzaretto dove erano lasciati gli schiavi ammalati, ma vi erano anche dei latifondi, allestiti per il ricovero dei braccianti che avevano bisogno di assistenza medica. A differenza dei Greci, il governo romano incoraggiò il miglioramento della sanità pubblica,
adottando pian piano condizioni igieniche più adeguate, in modo da evitare lo sviluppo di malattie, furono così costruiti terme e acquedotti e a scuola furono insegnate le norme igieniche.
Con la caduta dell’impero decadde anche la medicina. Il medioevo fu caratterizzato da pestilenze e con la diffusione del cristianesimo la guarigione fu affidata a un essere divino; in seguito alle influenze orientali e bizantine la medicina diventò conventuale, basata su erbe medicinali, che segneranno l’inizio di una nuova scienza medica.