Di Noia Martina – classe II sez. F
Mi è stato chiesto di riflettere sulla PACE. All’inizio non riuscivo a pensare niente, perché non mi sono mai soffermata a capire il senso vero di questa parola. Studiando sui libri di storia mi sono resa conto che nel tempo la pace c’è e subito dopo non c’è più, dura sempre troppo poco. La pace non è solo assenza di guerra, deve essere uno stile di vita che deve cominciare a costruirsi già all’interno della famiglia, deve fare parte di noi, della nostra vita sin da quando siamo piccoli. Se penso a tutto quello che è successo nel passato e succede ancora nel presente mi rendo conto che molti non conoscono il suo vero significato o forse non si sforzano di comprenderlo, perché sono attratti da altre cose che non ritengo importanti: fare la bella vita, vestirsi alla moda, fare le stories su Instagram. Anche in famiglia spesso non c’è pace, tutti pensano a se stessi dalla mattina alla sera e non si trova neanche il tempo e il momento per dire grazie a chi ti prepara la colazione. Ognuno sta per conto suo nella propria stanza o magari anche seduto intorno a un tavolo con la famiglia, ma con gli occhi fissi sullo schermo di un cellulare e si dà tutto per scontato. In quei momenti dovremmo pensare a quanto siamo fortunati ad avere una casa, una famiglia, il cibo, il denaro che non ci basta mai, mentre là fuori c’è chi non ha nulla di tutto questo. E allora quanto sarebbe bello condividere quello che si ha, anche se è poco, spezzare il pane con l’altro e non essere egoisti! Se penso attentamente alla mia vita credo di essere stata molto fortunata, ma non so se mi merito quello che ho, perché a volte sono indifferente verso quelli che non hanno molto. In fondo niente è per sempre, quello che oggi ci appartiene domani potrebbe non esserci più e allora non dobbiamo aspettare a condividere ora quello che abbiamo, non dobbiamo perdere tempo a dimostrare quello che proviamo alle persone che amiamo, a guardarle negli occhi, perché queste oggi ci sono, ma non rimarranno per sempre con noi e non dobbiamo avere vergogna di dire parole come “ti amo”, “mi piaci”, “sorridi sempre”, “facciamo la pace”. Ricordo che quando ero bambina, quando litigavo con qualcuno poi facevo la pace con il gesto delle dita che si legavano, ma oggi non lo faccio più, magari per giorni tengo il muso a mia madre o a mio fratello, e non penso subito che potrei risolvere tutto con tre parole “facciamo la pace?”.
Allora ho capito che la pace siamo noi, che noi la costruiamo e, se vogliamo, la distruggiamo, che il male si può trasformare in bene, che si può andare oltre le apparenze, ma serve rimboccarsi le maniche e non aspettare che siano gli altri a fare il primo passo.