di Antonella Guida – Da millenni gli uomini sfruttano le risorse naturali: si nutrono di animali e di piante, abbattono alberi per ricavarne il legno, per avere più spazio per le colture agricole e compiono moltissimi altri interventi, senza preoccuparsi di salvaguardare la natura.
Nel nostro secolo questi interventi sono aumentati notevolmente. Ciò è dovuto soprattutto al moltiplicarsi della popolazione mondiale e allo sviluppo delle scoperte scientifiche e tecnologiche, che hanno favorito lo sviluppo industriale. Le industrie, però, scaricano i loro veleni nei fiumi, che li trasportano nei mari, creando notevoli danni ecologici. Le sostanze chimiche, usate in agricoltura per distruggere gli insetti nocivi, finiscono con l’uccidere anche i loro predatori.
Gli scarichi delle industrie, gli impianti di riscaldamento e i gas di scarico degli autoveicoli, rendono sempre più inquinata l’aria, il terreno, i mari e sono molto pericolosi. Le nostre città soffocano nello smog, causato in larga misura dalle attività industriali, ma anche dalle polveri sottili emesse dagli autoveicoli. Purtroppo proprio l’Italia è al primo posto in tutta Europa per mortalità infantile e casi di cancro ai polmoni e malattie cardiovascolari dovuti proprio all’inquinamento dell’aria. La OMS ha stimato che ci sono circa ottantamila casi all’anno di morte per inquinamento atmosferico, di cui uno su sei in Italia. Le città del nord sono le più colpite da questo fenomeno, ma non dimentichiamo la città di Taranto e la “Terra dei Fuochi” in Campania, che ha visto negli ultimi decenni, la morte di numerosi cittadini. Si ipotizza che anche l’aumento delle malattie neurologiche come l’autismo, sia imputabile all’inquinamento dell’aria.
Non solo l’aria, ma anche l’acqua che beviamo e le terre che coltiviamo, in molte aree sono contaminate da sostanze chimiche pericolose. Eppure, spesso incuranti delle conseguenze delle loro azioni, le grandi multinazionali continuano ad avere come obiettivo principale i propri profitti, a scapito della nostra salute e di quella del Pianeta Terra.
L’inquinamento degli oceani è un altro aspetto inquietante. Negli oceani, infatti, si creano accumuli enormi di materie plastiche, tanto grandi da formare vere e proprie “isole di plastica”. L’intero equilibrio naturale subisce conseguenze terribili per la fauna e la flora di tutti gli ecosistemi.
I rifiuti fatti di materiali in plastica possono causare gravi danni agli animali: ferite, lesioni, deformità durante la crescita, e impossibilità a muoversi per fuggire dai predatori, nuotare e alimentarsi. Le conseguenze sono quasi sempre fatali: gli animali muoiono per fame, annegamento o perché diventano facili prede e, soprattutto, non riescono più a riprodursi. La principale imputata del degrado ambientale infatti è senza dubbio la plastica, che è un materiale composto da vari polimeri, sempre più diffuso in diversi settori. Esistono vari tipi di materie plastiche. Quella più diffusa è il polietilene, usata per la produzione di sacchetti, bottiglie e giocattoli, ovvero oggetti che quotidianamente usiamo senza rendercene nemmeno conto. Ma anche il polipropilene, usato per i contenitori per alimenti o per i flaconi dei detersivi o sostanze usate nell’edilizia, è fortemente dannoso. Siamo circondati dai prodotti in plastica, e i rifiuti plastici, al giorno d’oggi, inquinano gran parte degli ambienti naturali. Alcuni studi stimano che negli oceani ci siano enormi quantità di plastica e che, se l’andamento della produzione proseguirà nella maniera attuale, la plastica potrebbe raggiungere miliardi di tonnellate nel prossimo futuro e avremo rifiuti sparsi in tutti gli ambienti. Queste previsioni lasciano intuire quanto sia fondamentale il riciclo degli oggetti in plastica, con lo scopo di arrivare a una radicale diminuzione della produzione e dello smaltimento di questo materiale. I rifiuti in plastica riciclabili sono tantissimi. Molti di uso quotidiano, come le bottiglie di varie bevande, contenitori di alimenti o le buste per la spesa. Solo una piccola parte è destinata al riciclo, sia perché non tutti le tipologie sono riciclabili, sia perché i costi per costruire gli impianti di riciclaggio sono enormi. E’, quindi, più facile lasciarli dove capita!
La plastica, purtroppo, si degrada in periodi di tempo molto lunghi. Ad esempio, i contenitori in polietilene o in cloruro di polivinile abbandonati nell’ambiente, impiegano dai 100 ai 1000 anni per essere smaltiti, mentre per oggetti apparentemente più innocui, come i sacchetti, il tempo necessario è almeno 1000 anni. Ecco perché un corretto smaltimento e l’avvio al riciclo sono così importanti. La plastica sta divorando indisturbata il pianeta e sta a noi impedire che ciò continui, attuando piccoli accorgimenti che fanno la differenza, istruendo soprattutto i più giovani alla riduzione del consumo di questo materiale e sentendoci tutti, uno per uno, promotori di questa battaglia.
Infatti le scuole, le organizzazioni mondiali come il WWF, GREEN PEACE, organizzano spesso campagne informative, a volte di grande impatto visivo, per sensibilizzare la gente, e soprattutto i giovani, speranza per il futuro, su un argomento che riguarda la vita in ogni sua forma, su tutto il pianeta.
Io credo che ognuno di noi, nel suo piccolo, possa contribuire alla salvaguardia del pianeta rispettando alcune semplici regole: facendo la raccolta differenziata; non disperdendo rifiuti nell’ambiente; evitando gli sprechi.
La prima fonte di risparmio è l’uso consapevole dell’energia, quindi minor spreco di energia, di acqua e minor produzione di rifiuti, possono rappresentare possibili soluzioni per conservare al meglio il nostro pianeta utilizzando fonti energetiche alternative: solare, eolica, idroelettrica. Ma per poter attuare queste misure cautelative per la salute e per l’ambiente, sarebbero necessari interventi reali e drastici da parte dei governi, che seppur a conoscenza dei danni già fatti e di quelli futuri, non si adoperano in modo ottimale per sensibilizzare i cittadini a servirsi delle fonti di energia alternative.
Come diretta conseguenza della cattiva condotta dell’uomo sulla natura, non trascuriamo i cambiamenti climatici con le disastrose conseguenze che ogni anno ormai si registrano: terremoti, tsunami, frane.
Mi ha colpito molto, ad esempio, la campagna contro la plastica impiegata dal Mc Donald’s: sui tavoli è stato esposto un cartellino in cui l’azienda invita a rinunciare alle cannucce monouso. Io credo sia un’iniziativa molto bella, che parte dal piccolo, ma il messaggio è efficace, soprattutto perché è un luogo frequentato da molti bambini e ragazzi. Se riusciremo, quindi, tutti a seguire queste semplici regole, potremo sperare di realizzare davvero un mondo migliore.