di Salvatore Mazzarisi – Era la notte del 6 Luglio 1994 quando un gruppo di terroristi assalì la nave da carico Lucina,attraccata al porto algerino di Djen-Djen e vennero uccisi i sette uomini dell’equipaggio.
Erano il capitano Salvatore Scotto,gli ufficiali di bordo Antonio Scotto e Antonio Schiano,il macchinista Gerardo Esposito,i marinai Domenico Schillaci,Gerardo Russo e il trapanese Andrea Maltese.
Erano arrivati nel porto della piccola località Algerina da oltre due settimane con un carico di duemila tonnellate di semola.
I corpi dei sette marinai vennero trovati la mattina del 7 Luglio da un dipendente della capitaneria di porto che, non vedendo movimento a bordo, salì sulla nave italiana,trovandosi davanti la scena ripugnante dei sette marinai immersi nel sangue,le gole tagliate con il coltello.
Secondo gli investigatori algerini,il commando che compì il massacro era composto da una trentina di uomini che agirono di notte, fuggendo poi nelle montagne.La magistratura trapanese riaprì per la prima volta il fascicolo sulla strage nell’ottobre del 1997, dopo le esplosive dichiarazioni rese al giornale inglese The Observer da un presunto ex 007 algerino. Smentendo la verità ufficiale, che riteneva autentica la rivendicazione degli estremisti islamici del Gia, l’uomo (presentato con il nome in codice Joseph), raccontò che il massacro della Lucina era in realtà un complotto ordito dai servizi segreti algerini.
L’obiettivo avrebbe dovuto essere quello di creare una grande tensione internazionale alla vigilia del vertice del G-7 a Parigi, per ottenere così sostegno politico e aiuti economici per il regime, ormai sull’orlo della bancarotta.
Dopo quattro giorni dalla strage ,le autorità algerine indicarono il responsabile in Yassin Amara,il leader dei gruppi armati islamici attivi nella zona di DJEN-DJEN.
Tra i marinai dell’equipaggio era presente mio zio Andrea Maltese, fratello della mia mamma, giovane marinaio di 38 anni. Dopo 25 anni rimane ancora uno dei tanti misteri irrisolti italiani e, quindi, ritengo civile ed esemplare ricordare l’ingiustizia subita da questi sette innocenti che stavano svolgendo il proprio lavoro.