di Domenico Losito, 2E
Dodici anni fa sono stato in una meravigliosa prigionia accompagnato da mia sorella.
Ero circondato da una morbida coccola; mi davano da mangiare e da bere ero sempre in pennichella mentre sentivo la voce della mia mammina.
Non vedevo quasi nulla ma sentivo accanto a me qualcuno che bussava alla porta e disturbava la mia dolce dormita.
Alcune volte intravedevo una lucina: era l’ecografia che io percepivo come un angioletto che vegliava su di me, ma dava fastidio e cercavo a più non posso di nascondermi invano da lui, mentre la mia futura sorella come una piccola fotomodella si metteva in mostra nelle posizioni più strane.
Dall’esterno di quel gran pancione che ci proteggeva amici, cugini e parenti aspettavano insistentemente la nostra venuta con carezze e versi buffi che mi facevano tanto ridere.
Ci facevano visita nonni e nonne anche da lassù dall’onnipotente cielo.
Diventando più cicciottello e paffuto non riuscivo comodamente a eseguire la mia dormita e scalciavo con i miei piedini e con quelli della mia sorellina dando degli enormi dolori alla cara mamma.
Ad un certo punto non ce la facevo più: mia sorella mi disturbava e la mia casetta diventava più piccola, allora cercai di uscire ma mia sorella mi fermò dicendomi che io non dovevo uscire prima di lei, quindi stabilimmo un patto: chi fosse arrivato prima avrebbe vinto.
Al tre siamo partiti ma lei mi spinse e quindi è uscita prima dal pancione e poi io, comunque non sapeva che io sarei stato il più grande.
Oggi non ho alcun pensiero di libertà, mi sento circondato da una gabbia positiva: da parenti e amici ma a dir la verità mi manca ancora quella soffice e morbida coccola.