ALESSANDRA CUTTAIA – Durante l’interessante incontro avuto, nel corso del laboratorio di giornalismo, con Irene Santamaria, Piera Di Franco e Anna Bulone, volontarie appassionate dell’Associazione A testa Alta, che si preoccupa di promuovere una cultura della legalità nella nostra cittadina e di suscitare una coscienza anti-mafiosa, abbiamo avuto la possibilità di conoscere personaggi e fatti della storia licatese. Abbiamo così conosciuto la storia di Vincenzo di Salvo, operaio e sindacalista licatese assassinato dalla mafia nel lontano 17 marzo 1958. Egli era un operaio che stava dalla parte della giustizia e della legge e reclamava i diritti sacrosanti dei lavoratori.
Vincenzo Di Salvo Faceva parte della Lega degli edili del sindacato unitario: lavorava onestamente e guidava lo sciopero per avere gli arretrati che una ditta di costruzione negava a lui e ai suoi compagni di lavoro. Lo sciopero sembrava avesse avuto successo, ma la ditta alla fine non volle pagare il giusto compenso ai lavoratori. Così lo sciopero riprese. Finché una sera d’inizio primavera Vincenzo Di Salvo, che lo guidava, non venne freddato con un colpo di pistola al petto vicino alla scala che collega via Marconi con via Santa Maria. Lasciava la moglie e due figli.
Non fu il solo sindacalista ucciso in Sicilia in quegli anni. Ma è quello salito meno di tutti agli onori della cronaca. Grazie all’Associazione A testa Alta, che, tramite documenti e testimonianze, ha raccolto un corposo fascicolo, adesso Vincenzo Di Salvo viene, giustamente, ricordato come uomo che non si è piegato alla mafia e che si batteva per la giustizia e la legalità per il bene di tutti. Sul luogo dove è stato ucciso, adesso è stata posta una targa commemorativa che ricorda il suo sacrificio.
L’Associazione A testa Alta lo ricorderà con una serie di eventi alla sala capitolare del carmine di licata proprio il 17 marzo 2018.