ALESSANDRA CUTTAIA – Il Venerdì Santo è la ricorrenza religiosa e, al tempo stesso, la tradizione popolare alla quale i licatesi partecipano con maggiore commozione e devozione. E’ la Confraternita di San Girolamo della Misericordia che cura l’organizzazione del Venerdì Santo e la rievocazione della Crocifissione e morte di Cristo. La Confraternita fu costituita nel 1578 e oggi conta più di 150 confratelli. I festeggiamenti, che durano per oltre un’intera giornata, si aprono nella tarda sera del Giovedì Santo quando, i confrati della Misericordia, vestiti col saio bianco con cappuccio, i fianchi cinti dal cordone rosso e il cero acceso, si recano, in processione, con passo cadenzato, al suono delle marce funebri, attraverso le strade della Marina, in visita penitenziale al Calvario, sul quale svettano tre croci illuminate. Durante il percorso vengono rievocate le stazioni della Via Crucis, dopo una breve sosta al Chiostro San Francesco, dove si trova Gesù flagellato. Nel frattempo la gente numerosa sciama da una chiesa all’altra per la tradizionale visita ai Sepolcri. Alle 3.30 del Venerdì, all’urlo di “Misericordia” i confrati escono dalla chiesa San Girolamo con il corpo di Gesù in spalla. Il Cristo, disteso su una lettiga e coperto da un prezioso telo blu, e il simulacro della Madonna Addolorata, procedono in silenzio, in mezzo ad un mare di folla, fino in pizza Elena. Da lì la Madonna si dirige in chiesa Sant’Angelo, dove resta fino al momento della Giunta. All’alba il Cristo, al grido di “Misericordia”, viene deposto all’interno della camera ardente, detta “la casa del Signore”, allestita presso il palazzo del Barone La Lumia. Durante tutto il percorso i fedeli, dai balconi illuminati a giorno, lanciano una pioggia di fiori al passaggio del Cristo e della Madre Santa. Una volta questa processione notturna era segreta perché questo è il simulacro del Cristo che sarà crocefisso e seguiva, quindi, un percorso secondario. In questo giorno penitenziale i licatesi, contrariamente alle loro abitudini, si troveranno a tavola a mezzogiorno in punto per consumare una pasta frugale e tradizionale, la pasta con le sarde. Nello stesso tempo i confratelli si stanno nuovamente adunando nella navata di San Girolamo e alle 13:00, al grido di “Misericordia” danno inizio alla processione del Cristo Crocifero, ovvero di Gesù con la croce sulla spalla. I confratelli si mostrano alla folla che gremisce la piazzetta San Girolamo in smoking nero, camicia con collo inamidato e guanti bianchi. Il Cristo, portato a spalla con profondo raccoglimento, percorre le vie della città fino all’incontro, alla “Giunta”, con la Madonna che, alla vista del figlio corre ad abbracciarlo. E’ questo uno dei momenti più toccanti dell’intera Commemorazione e la folla, commossa, si apre per fare spazio alla Madre Santa che corre incontro al figlio. Da questo momento i due simulacri procedono affiancati e lentamente verso il Calvario fino al momento in cui il Cristo viene portato nell’androne del palazzo La Lumia per essere svestito e preparato per la crocifissione. Dopo qualche attimo esce il “Cristo in catene”, al grido di Misericordia. E alle 15:00 si celebra il rito della crocifissione. Il simulacro, sollevato con un lenzuolo, viene fissato per le braccia con due chiodi alla croce da due sacerdoti, mentre, per vecchia tradizione, è un infermiere che pianta il chiodo ai piedi. Alle 19.30 inizia l’ultima lunga fase della festa che si concluderà a notte inoltrata. I confratelli, ritornati a San Girolamo, indossando il saio bianco e il cappuccio, riportano portando a spalla la pesante ed artistica urna bagnata di oro zecchino dove, dopo la deposizione dalla croce, verrà deposto il corpo del Cristo. Inizia così il lungo percorso a ritroso dei due simulacri, quello del Cristo e della Madre Santa, che, lentamente, procedono affiancati, tra la commozione e il silenzio dei fedeli, sotto una pioggia di fiori. Il rientro in Chiesa San Girolamo è sempre faticoso, sia per la stanchezza dei portatori che per i numerosi fedeli che affollano la piazzetta. La festa si conclude a tavola dove, fedeli e confratelli, consumano una frugale ma meritata cena a base di “muffuletti”.