di ALESSANDRA CUTTAIA – Come ogni anno anche quest’anno il laboratorio di giornalismo ha inaugurato l’inizio del progetto scolastico ospitando uno dei nostri concittadini più illustri: il Professore Francesco Pira, Giornalista e Sociologo, docente di Comunicazione e Giornalismo presso il Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne dell’Università di Messina. Per noi piccoli giornalisti in erba questi incontri sono ormai una tradizione. Una tradizione alla quale, il nostro insegnante Giuseppe Mistretta, responsabile del progetto “Con il giornale a scuola”, ci prepara con cura ed entusiasmo. Durante l’incontro il professore ha risposto a molte nostre domande e curiosità. Eccone alcune.
D – Professore Pira, potrebbe spiegarci che differenza c’ è tra comunicazione cartacea e giornale on line? E quali sono i pregi e i difetti dell’una e dell’ altra?
R- Si può affermare ormai che è in corso a crisi del giornale cartaceo, che viene letto per la maggiore solo dagli anziani. Le cause sono diverse e dovute anche alla diffusione del giornale on-line. Se per il giornale cartaceo è importante arrivare prima con la notizia per quello on-line lo è ancora di più. Inoltre il cartaceo una volta stampato non si può più modificare. La notizia on-line è sempre aggiornabile e può essere ribattuta più volte senza costi aggiuntivi.
D- Lei tiene spesso convegni con ragazzi della nostra età e, professionalmente, è a contatto con i giovani. C’è qualcosa, delle nuove generazioni, che la sorprende e la meraviglia ?
Ho grandissima considerazione delle nuove generazioni. Mi sorprendono i nuovi codici e i nuovi linguaggi. Devo dire che spesso loro rimangono sorpresi che un adulto di mezza età come me conosca perfettamente le loro abitudini e soprattutto i consumi mediali. Ogni volta che incontro dei bambini o dei ragazzi esco arricchito dal confronto con loro. Sanno sorprendermi, sanno stimolarmi.
D- Potrebbe spiegarci cos’è il bullismo e in cosa si differenza dal cyberbullismo?
R – Il bullismo consiste in comportamenti violenti o di coercizione fisica finalizzati a infastidire e ad offendere la vittima. Gli episodi di bullismo non avvengono però solo durante la pausa a scuola, i soprusi succedono anche nello spazio virtuale dei media utilizzati per diffondere messaggi, filmati e immagini. Il cyberbyullismo è un fenomeno in crescita e, a differenza del bullismo, non comporta una violenza fisica ma psicologica, che coinvolge ormai quasi la metà dei ragazzi italiani con la loro motivazione è “per divertimento” o “per scherzo. Le conseguenze del cyberbullismo possono essere anche maggiori per effetto della forza mediatica di tutto ciò che viene trasmesso on line o su whatsapp.
D- Oltre a parlare, come stiamo facendo oggi, cosa si può fare per arginare questo fenomeno? Cosa può fare ognuno di noi? E quali sono le istituzioni che dovrebbero occuparsi maggiormente della prevenzione?
R – Intanto ognuno di noi dovrebbe essere più sensibile alle diversità e alle peculiarità altrui e poi bisogna fare gruppo, fare sentire il nostro calore a chi è in difficoltà. Le scuole dovrebbero portare avanti progetti che prevengono questi fenomeni, ma è necessaria che ci sia collaborazione tra i docenti e le famiglie. Agli adulti, genitori ed insegnanti, spetta la responsabilità di una maggiore attenzione su comportamenti che sono campanelli d’allarme e, spesso, nascondono episodi gravi sui quali è necessario intervenire in tempo.
D- Quali sono i pericoli che derivano dall’uso dei social network in generale e, in particolare, per noi bambini?
R- Occorre una forte presa di coscienza e la conoscenza condivisa dei pericoli che arrivano dal web, in generale, e dai social, in particolare, perché le conseguenze possono essere devastanti. Si può arrivare a rovinare la vita alle persone o, addirittura, spezzare delle vite, come è già successo. Il 99% degli adolescenti ormai è on line e vengono inviati oltre 50 messaggi al giorno whatsapp. I social, per i più giovani, costituiscono un vero e proprio universo di relazionale su cui esprimere le vostre intimità e le vostre emozioni. Sono diversi gli studi che dimostrano come i social siano il luogo segreto dove sfuggire alle regole degli adulti.
D- Lei ritiene, Prof, che i nostri genitori siano ormai sufficientemente consapevoli di questi pericoli del web o affrontano in modo superficiale il problema?
R – I genitori purtroppo non hanno una netta percezione dei pericoli che corrono su internet. Il primo errore che commettono riguardo le tecnologie è prendere lezioni di tecnologie dai figli. In questo modo il genitore perde autorevolezza nei confronti del figlio e, ciò, crea uno squilibrio diseducativo. Ma spesso sono gli adulti stessi a sottovalutare le conseguenze di quello che scrivono o condividono sui social. E sono i genitori stessi che forniscono il materiale ai pedofili o che espongono i figli allo scherno e al cyberbullismo. Senza dimenticare che il genitore, una volta preso contatto con i nuovi mezzi, finisce spesso con il dare il cattivo esempio abusandone nell’uso.
D- Dalla cronaca quasi tutti i giorni apprendiamo di un nuovo atto di violenza da parte dei genitori o degli alunni ai danni degli insegnanti. Lei pensa si possa parlare di un nuovo fenomeno? E i genitori quanta responsabilità hanno in tutto ciò?
R- Purtroppo c’è una guerra aperta tra genitori e docenti anche rispetto a piccole cose. Ritengo che quella dell’insegnante sia una vera missione e non soltanto una professione. Il dato è che si gioca spesso allo scarica barile tra scuola e genitori. La colpa è dei genitori, la colpa non può essere della scuola. E giocando a questo scarica barile pensiamo di risolvere il problema. Pensiamo di recuperare quello che abbiamo perso in termini di valori, contenuti, civiltà ed educazione. In realtà da un lato c’è il fallimento di una scuola che non riesce ad essere più autoritaria e autorevole come un tempo. Una scuola che non sempre ha la capacità di trasmettere che quegli insegnamenti nella vita poi potranno essere utili. Dall’altro lato c’è il fallimento della famiglia nella trasmissione degli stessi valori. Ma solo attraverso una grande alleanza tra scuola e famiglia possiamo far crescere dei giovani migliori.
D- Lei è autore, insieme ad una collega, di “ Social Gossip. Dalla chiacchiera di cortile al pettegolezzo”. Si può dire, quindi, che anche il pettegolezzo ha subito una evoluzione nel tempo? E in che modo oggi influisce nella vita delle persone?
R – Il pettegolezzo oggi è una forma di narrazione, lo è per i giornali, la tv e la radio e, soprattutto, lo è attraverso i social network. In questo libro abbiamo trattato il gossip come formula comunicativa, approfondendo il modo in cui il giornalismo risponde alla sollecitazione del pettegolezzo, cioè come il rumor diventa gossip e cosa accade in questo passaggio. La conseguenza è che viene meno una regola fondamentale del giornalismo: non si pubblica più solo ciò che è corroborato da verità, ma basta un rumor per creare una notizia e pubblicarla. E questo succede anche perché i tempi, nel lavoro di redazione, si sono molto ridotti.
D- Come stanno cambiando, se stanno cambiando, i rapporti di amicizia e amore nella nostra società?
R – Quella in cui viviamo è una società di solitudine ed egoismo. Possiamo avere migliaia di amici premendo semplicemente dei tasti, senza troppo coinvolgimento e senza troppe conseguenze. Le amicizie e le relazioni nascono con un messaggio e si concludono con un altro messaggio. La nostra società è liquida. L’amore è liquido perché si sostituiscono le relazioni umane alle connessioni, che non richiedono l’impegno continuo della rigenerazione del rapporto ogni giorno.
D- Siamo in tempo in tempo di Quaresima, le nostre catechiste ci hanno spiegato cos’è un “fioretto”. A casa della nonna, che guardava la messa in tv, ho sentito il prete parlare di astinenza dai social. Lei pensa che presto ci sarà una nuova tendenza:“ il fioretto dalle tecnologie”?
R- Le nostre vite sono sempre più regolate da Facebook, Google, Twitter, Whatsapp e Yotube. Questo significa che siamo connessi alla rete 24 ore al giorno, 7 giorni su 7. Significa che dipendiamo ormai da un bip del cellulare anche di notte perché ogni forma di comunicazione passa attraverso i social che, facendoci divertire e tenendoci compagnia, diventano indispensabili. Ma è la tecnologia a dovere essere governata da noi e non noi dalla tecnologia. Quindi attendo con trepidazione il “fioretto dalle tecnologie” per tornare ad aprire un libro o, semplicemente, passare una serata connessi con la propria famiglia.
Si conclude così la nostra intervista al sociologo Francesco Pira, al quale rinnoviamo il nostro ringraziamento e diamo appuntamento al prossimo anno.