Nonostante le diverse epoche storiche, il teatro ha da sempre permesso all’uomo di raccontare e spiegare dinamiche senza tempo, comuni al genere umano in quanto tale, in cui ognuno può ritrovare se stesso. È proprio ciò che è successo venerdì 15 marzo.
Noi, studenti del liceo classico e scientifico “Simone-Morea”, abbiamo assistito a una delle commedie più famose di Carlo Goldoni, “Le smanie per la villeggiatura”, al teatro Van Westerhout di Mola di Bari. La rappresentazione è stata curata dalla compagnia teatrale “Diaghilev”, il cui fondatore, regista e attore Paolo Panaro, ci riporta indietro nel tempo, raccontando vicende all’ordine del giorno nella società borghese dell’epoca, ma tali che, tuttavia, non si discostano troppo da dinamiche più attuali.Goldoni nacque a Venezia il 1707 da una famiglia borghese e fu un autore molto prolifico, capace di scrivere addirittura sedici commedie in un anno. Critico nei confronti della Commedia dell’arte, di cui rifiutava la fissità delle maschere e degli schemi, la tendenza ad essere soggetta alle leggi del mercato e ad assecondare i gusti degli spettatori, scrive per un nuovo tipo di teatro, dando luce a una vera e propria riforma. Alla base del progetto riformistico del teatro comico di Goldoni, c’erano due esigenze di natura diversa: una letteraria, finalizzata ad eliminare dallo spettacolo comico il gusto dell’eccesso e del grottesco; e una morale, volta a superare la volgarità che contraddistingueva la Commedia dell’arte, per restituire allo spettacolo la sua funzione educativa.
Nella seconda fase della sua riforma prende vita la “Trilogia della villeggiatura” (1761), composta da “Le smanie per la villeggiatura”, “Le avventure della villeggiatura” e “Il ritorno della villeggiatura”. L’opera segna la crisi della società veneziana, critica la figura del borghese, che ostenta un presunto benessere, e sottolinea alcune mode dilaganti, come quella della villeggiatura che, per l’appunto, già ai tempi di Goldoni, era diventata una vera e propria mania.
Nelle “Smanie”, in particolare, emerge il quadro di una borghesia accusata di far sfoggio di lusso fine a se stesso, anche a costo della rovina economica. La commedia, infatti, ripercorre, attraverso tre atti, i frenetici preparativi per la villeggiatura di due famiglie borghesi, pronte a spendere più del necessario e ad indebitarsi, pur di non rinunciare alle vacanze in campagna, simbolo di benessere e prestigio sociale. Trascorrere le vacanze in campagna non è altro che la voglia di ostentare una ricchezza, di cui, in realtà, non si dispone. Goldoni si sofferma sui capricci, ritenuti modi di vita indispensabili dai suoi personaggi, frivoli e vanitosi, per potersi distinguere, preludendo, invece, all’omologazione moderna. Il culto dell’apparenza è ciò che rende, infatti, tale opera “senza tempo”, specchio di una società legata al “figurare” più che all’essere.
La compagnia teatrale Diaghilev ha messo in scena l’opera, che fa parte, insieme ad altri spettacoli, di un piano di attività che prende il nome di “Essere o Apparire”, predisposto per Mola Di Bari. Paolo Panaro, regista e attore nella parte di Fulgenzio, insieme agli altri componenti della compagnia, al termine dello spettacolo, ha dedicato del tempo a rispondere alle nostre curiosità. È emerso che l’essenza della loro recitazione è strettamente connessa al rapporto con gli spettatori: infatti, soprattutto per quanto riguarda le commedie, il pubblico svolge un ruolo fondamentale, ossia scandisce il ritmo della narrazione, reagendo alle battute. La vis comica arriva ai presenti in platea che, con la loro reazione, la ribaltano all’attore e ne scandiscono, quindi, i movimenti e l’intonazione della voce. Il rapporto tra la commedia e il pubblico, come sottolinea Panaro, è decisamente interessante ed evidenzia come gli spettatori a teatro siano protagonisti attivi più di quanto si possa pensare.
Ha, inoltre, precisato quanto sia stato fondamentale alleggerire la narrazione con un pizzico di modernità, non cambiando la sostanza, bensì rendendola attuale; pur essendo un’opera teatrale scritta nel 1761, la musica di sottofondo di Vivaldi, che accompagna il cambio delle scene, è stata adattata in chiave moderna, proprio per donare alla rappresentazione una sfumatura più vicina ai nostri tempi.
Noi studenti siamo rimasti entusiasti della rappresentazione. La nostra attenzione è stata catturata fin da subito, i nostri occhi erano puntati sulla scena e tutti erano divertiti ma, allo stesso tempo, coinvolti dalla narrazione. Molti di noi sognano di diventare attori o attrici e grazie a questa occasione, abbiamo riportato a casa una visione diversa e più completa di quel mondo. L’atmosfera del teatro antico di Mola, i costumi, essenziali, come la scenografia e la musica, per non offuscare le rimarchevoli prove d’attore, e i brani musicali ci hanno permesso di calarci in un’altra epoca, lontana ben tre secoli da noi.
È interessante sperimentare esperienze simili, che sanno conciliare divertimento e apprendimento.
La critica alla borghesia traspare perfettamente, ma non si limita a guardare tale classe sociale e deriderla: spinge anche lo spettatore a interrogarsi in modo critico e a mettersi in discussione, come individuo portatore di determinati comportamenti.
Di conseguenza, è doveroso ringraziare la compagnia teatrale Diaghilev e il teatro Van Westerhout per averci ospitati.
Un ringraziamento speciale alla Preside, alla Dsga e ai nostri insegnanti, che non si stancano mai di stimolarci e di invitarci a fruire di esperienze sempre nuove e interessanti.
Francesca De Mola, Angela Giannuzzi, II C LC