Miriam Curella – Giovanni Falcone e Paolo Borsellino furono due giudici siciliani che dedicarono la loro vita alla lotta contro la mafia. il primo nacque a Palermo nel 1939, il secondo nel 1940. Nessuno potrĂ mai scordarli; qualunque viaggiatore che si avvicini alla Sicilia sentirĂ i loro nomi prima ancora di mettere piede nell’Isola. Al momento dell’atterraggio sarĂ proprio il comandante ad informarli che “tra pochi minuti atterreremo all’aeroporto Falcone – Borsellino”. Insieme questi 2 giudici crearono il pool antimafia, che grazie alle qualitĂ dei 2 si rivelò un’arma micidiale che portò al famoso maxi-processo, un processo che vide sul banco degli imputati ben 475 mafiosi, che nel 1987 furono condannati. La riuscita di questo processo servì anche a spronare i giudici e portò soddisfazione a tutti gli italiani, perchĂ© ci furono moltissimi problemi per portarlo a termine, ci vollero circa 2 anni, ma nonostante questo ci si riuscì. GiĂ questo sarebbe un enorme successo, ma indirettamente il maxi-processo fece finire anche parecchi giri di droga. Sfortunatamente fu un episodio unico che non si è mai ripetuto, anche se da quel momento la mafia fu affrontata seriamente e venne vista come un problema da risolvere. Purtroppo molti colleghi dei due giudici, erano implicati in faccende mafiose, per questo dopo il maxi-processo incontrarono sempre piĂą difficoltĂ nel loro lavoro, Falcone fu accusato di “protagonismo” e per questo chiese il trasferimento a Roma; a Borsellino vennero tolte le indagini sulla mafia a Palermo e gli vennero assegnate invece quelle di Agrigento e Trapani, infine venne chiuso il pool antimafia. Nonostante il suo trasferimento Falcone continuò contro la mafia a Roma, colpendo le famiglie mafiose coinvolte nel traffico di eroina. Purtroppo non videro mai il loro sogno (la “distruzione” della mafia) realizzarsi, infatti vennero uccisi tutti e 2, a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro. Per primo morì Falcone, nell’attentato di Capaci. La sua macchina venne fatta esplodere: 500 chili di tritolo gli tolsero la vita e la tolsero anche a sua moglie e a tre agenti di scorta. Quando Falcone saltò in aria, Paolo Borsellino capì che non gli restava troppo tempo. Lo disse anche in un’intervista: “Devo fare in fretta, perchĂ© adesso tocca a me”. Infatti il 19 luglio dello stesso anno un’autobomba esplose sotto casa di sua madre mentre Borsellino stava andando a trovarla. La loro morte non è stata inutile, infatti con loro gli italiani hanno capito la gravitĂ della mafia e le loro idee resteranno per  sempre, infatti,  come diceva Falcone,  “gli uomini passano,  le  idee restano”. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino li chiamiamo martiri o meglio eroi, e tali rimarranno. Il solo fatto che “uomini” del genere siano esistiti è fonte di un continuo spronare a fare la cosa giusta eticamente, giuridicamente, moralmente. La loro storia è stata sottolineata per la caparbietĂ e il coraggio, per il rispetto della morale e per la perseveranza, per il valore della vita e per l’immortalitĂ del sentimento di giustizia. Valori tanto difesi quanto messi a dura prova dagli attacchi di forze maggiori, appunto dallo Stato. Il loro lavoro è stato un calvario che sia Falcone, e a maggior ragione Borsellino, si sono trovati a percorrere consapevoli della direzione giusta intrapresa. Noi li vogliamo ricordare non solo come eroi, ma soprattutto come esempi di ideali e di vita!