Il muro che divide….. Una barriera tra Israele e Palestina
La barriera di separazione israeliana è un sistema di barriere fisiche costruite da Israele in Cisgiordania, a partire dalla primavera del 2002, sotto il nome di chiusura di sicurezza. Israele lo considera una barriera contro il terrorismo, mentre i palestinesi la chiamano separazione razziale o muro dell’apartheid. La barriera, il cui tracciato di 730 km è controverso ed è stato ridisegnato più volte, a causa di pressioni internazionali, alterna a porzioni di muro e di reticolato, porte elettroniche vigilate. “Con la costruzione del muro non possiamo più accedere ai nostri terreni. Tutto quello che avevamo ci è stato rubato. Piangiamo ma nessuno vede le nostre lacrime”, dice Umm Judah, docente palestinese in pensione. La barriera è stata costruita quasi interamente sulle terre palestinesi e ha un impatto molto forte sulla vita delle persone: ogni giorno migliaia di palestinesi sono costretti a fare lunghe file ai checkpoint controllati dall’esercito israeliano per andare a lavorare in Israele Questo muro, o barriera, è stato creato dal governo israeliano sotto la guida del primo ministro Yitzhak Rabin nel 1994. È stato completato nel 1996, ma in gran parte è stato demolito dai palestinesi durante la seconda intifada. Fra il dicembre del 2000 e giugno del 2001 è stato ricostruito dagli israeliani. In questa zona non ci si può aggirare senza incorrere nel pericolo di essere fucilati dai soldati di Israele. Lo Stato di Israele giustifica questa barriera, dicendo di voler evitare le infiltrazioni da parte dei kamikaze palestinesi. Per attraversare questo muro ci sono solo tre varchi: a nord il valico di Erez verso Israele, a sud il valico di Rafah verso l’Egitto, a est il valico di Karni, utilizzato solo per le merci. Per questo il passaggio da una parte all’altra diventa sempre più complicato per chi deve recarsi a lavorare a Gaza o in Israele. I misteri dei checkpointNei termini dell’Accordo sul Movimento e l’Accesso siglato nel novembre del 2005, Israele dovrebbe “facilitare il movimento della gente e delle merci all’interno della Cisgiordania e minimizzare gli ostacoli alla vita dei palestinesi”. Come ha inteso fare ciò Israele? Con i checkpoint, che sono “impedimenti fisici” operativi dal 1967. I checkpoint non sono tutte postazioni militari permanenti, gestite da soldati israeliani, ma sono posti di blocco per impedire il transito. Detti checkpoint influiscono negativamente sulla vita quotidiana dei palestinesi. L’economia e il commercio ne stanno soffrendo. Vi sono vere e proprie violazioni dei diritti umani che vanno dalle percosse, all’umiliazione delle perquisizioni integrali. L’esistenza di questi checkpoint arrivino scoraggia anche i bambini che vogliono andare a scuola, perché sono costretti ad arrivare in ritardo. “Palestine Monitor” riferisce che i bambini sono vittime di insulti, percosse e disprezzo da parte dei soldati israeliani.
Come si può bene capire, i palestinesi vivono in una costante situazione di disagio e cattività.di Alessio Ligonto, Asia Andreoni, Salvatore Nicolò Nocerino
Vignetta di Daniela Moreira Yepez