E annego,
Annego in questo mare profondo,
Dal quale fondale delle perle colgo,
E continuo a cadere,
A cadere in questo oblio,
Che pace non fa avere.
E mi rialzo,
Come se nulla fosse stato,
Appoggio i piedi e sono scalza,
Senza nulla che mi possa riparare,
Senza nessuno che possa rimanere,
Senza nessuno con la voglia di amare.
Prendo la mia maschera bianca,
E mi nascondo dentro a una bugia,
Ma non perché io sia stanca,
Ma, perché la realtà è una malattia,
Una che ti consuma il cervello,
Una malattia che contrai e non va più via.
Questo è ciò che mi insegnarono,
Quello che i miei avi tramandarono,
Ciò a cui mi incatenarono,
Il suo nome era solitudine,
“Ti farà stare bene “,
“Sarà la tua gratitudine “,
In coro dicevano,
E alla fine mi convincevano,
E le mie braccia la solitudine stringevano.
Ma nuoto,
Nuoto verso una nuova ragione,
La luce di un viso ignoto,
Che mi sorride da lontano,
Ma che non posso vedere,
Per le catene che mi bloccano.
Ma non mi importa.
Di questo sono stufa.
Voglio chiudere la vecchia porta,
E spezzare la mia maledizione,
Strapparmela di dosso e farla a brandelli,
Togliermi di dosso questa abolizione.
E tiro,
Tiro con tutta la forza che ho in corpo,
Perché voglio vedere quella luce che ammiro,
Quella luce dietro al carro che mi trascina,
Quella che a noi ombre è stata proibita.
Voglio vedere il sole,
La sola luce che mi può liberare,
Non mi bastano più le parole,
Che descrivono la sensazione di un caldo forte,
Io sento solo freddo,
E sono stufa di questa sorte.
Voglio porre fine alla mia solitudine,
Voglio esprimermi senza paura,
Riscoprire una nuova abitudine.
E sento,
Sento il suono di un colpo netto,
Il suono che mi libera dal mio tormento,
Le mie catene si sono spezzate,
Felice scosto il mio “rapitore”,
E sento caldo come d’estate,
Ma il mio egoismo mi aveva accecato,
L’avevo soltanto e appena realizzato,
Una cosa importante ho dimenticato:
Le ombre scompaiono alla luce.
(Come interpretare questa poesia, è una scelta personale. Ha un significato molto profondo che può variare da persona a persona.
Narra di un’entità che si sente persa ed emarginata e persa in un mondo enorme, che si nasconde e si mescola nel gregge perché le sue insicurezze l’avevano indotta ad essere così. All’improvviso però, questa entità sente il bisogno di cambiare e di farsi delle idee, degli stili, delle abitudini proprie e diverse. Decide di nuotare verso un cambiamento. Ma il suo egoismo non è benvisto. Come entra nella “luce” da lei aspirata si rende conto che alla gente non piace la diversità. Alla fine anche qualcosa di diverso diventa comune o viene escluso. Infine la massa la schiaccia facendola scomparire.)
Rebecca Carissimi 3^E