Michele Raguso – Non posso che congratularmi con il giovane autore gravinese, Salvatore Renna, che vince per la seconda volta un premio così prestigioso, a livello internazionale (quasi da non crederci), in occasione del XXV memorial di Rosario Livatino.
Immagino l’orgoglio della mia professoressa che ha avuto Salvatore come alunno. La mia professoressa si sente in dovere di affrontare argomenti come le organizzazioni malavitose e preme sul ricordarci le vittime che hanno combattuto contro di essa. Immagino si sia sentita un “minimo” orgogliosa di sapere che un suo ex alunno abbia imparato e apprezzato il lavoro svolto, si sia appassionato e scriva libri riguardo queste tematiche.
A scuola, non a caso, abbiamo appena terminato di leggere un libro di Renna che onora il giudice Livatino raccontando la storia di un bambino che, nella sua spensierata fanciullezza, inizia a porsi domande su una stele dedicata al giudice e mano a mano approfondisce assieme al padre l’argomento della Giustizia, della Legge, della differenza tra magistrato e giudice dal titolo UN GIUDICE RAGAZZINO.
In questo testo vorrei scrivere tutto ció, che nel leggere il libro di Salvatore, ha suscitato in me.
Una figura molto importante, secondo me, nel libro è quella del padre che cerca di far vivere Rosario, il figlio, al riparo dalle malvagità e ingiustizie che ci sono nel mondo.
Quello che mi ha colpito maggiormente è il rapporto tra padre e figlio, all’insegna della complicità e solidarietà. Nel libro è evidente che il padre di Rosario voglia proteggerlo dalla realtà di Canicattì. Arriverà anche il momento in cui Giordano, il padre, dovrà spiegare a Rosario la verità, ma a modo suo, come spiegata ad un bambino.
Mi ha colpito anche la misericordia e la pietà con cui Rosario, divenuto adulto e realizzatosi come giudice, perdona Bartolo, l’assassino di suo padre che pur facendo parte di un’ organizzazione mafiosa ha ucciso senza essere cosciente di ció che faceva.