Giada Rubino V B – “La sveglia sta suonando, ma fatela tacere, perché io di andare a scuola proprio voglia non ne ho!”Non vi sembra l’inizio di quella canzoncina che si cantava da bambini fra giochi e merende? Solo che da piccoli forse la sveglia non ci sembrava così fastidiosa e la voglia di andare a scuola a divertirsi era pari a mille. Oggi invece corrisponde a mille sì, ma moltiplicato per zero. Chissà dov’è finita quella voglia che ci faceva alzare belli e pimpanti! Forse, senza neanche accorgercene, per fare un po’ di pulizia, l’abbiamo gettata nel cassonetto dell’immondizia, oppure desiderava farsi un bagno al mare come noi d’estate ed è sparita nella Fossa delle Marianne. Io, però, da grande voglio diventare un’investigatrice o una giornalista, quindi ho fatto delle indagini e ho chiesto ai miei compagni: “Hai voglia di andare a scuola? Motiva la tua risposta.” I più burloni mi hanno risposto di sì, solo perché sicuri che ci fosse una telecamera nascosta, e hanno anche chiesto l’aiuto del pubblico, immedesimandosi in un quiz televisivo. Qualcuno (o qualcuna) che desidera restare anonimo ha risposto con un sì entusiasta, ma solo perché “così riesce a vederlo”. Qualcun altro ha detto no, perché “la scuola provoca ansia” o ancora “la giornata di uno studente finisce quando terminano le cinque ore di scuola e inizia pensando a quelle successive”. La maggior parte ha però risposto in maniera, a mio avviso, veramente originale, e cioè: “Non ho voglia di andare a scuola perché ho sonno e voglio dormire, preferisco restare nel letto perché non riesco a svegliarmi. Se iniziasse più tardi ci andrei quasi volentieri.” Pare proprio che il motivo principale sia la sveglia, addirittura definita come un “crimine contro l’umanità”. Dato che, secondo Alessandro D’Avenia, la scuola “è un mondo al contrario, dove si scrive bianco su nero”, ho invertito le parti e, con un gessetto in mano, ho provato a chiedere a un’insegnante e poi ho scritto sulla lavagna la sua risposta. Secondo lei gli studenti dovrebbero dimostrarsi più svegli, in modo da ascoltare quello che lei ha da dare loro. Arrivata a questo punto, senza nessuno Sherlock che mi dicesse “elementare Watson”, ho concluso che il problema principale risiede nella sveglia. Già, dovremmo urgentemente comunicare ai poeti che la parola “sveglia” non rima più con “voglia” (che del resto già di per sé è una rima imperfetta). Anzi, è stata proprio la sveglia a rapire la voglia. Ho dimenticato di dirvi che mi piacerebbe diventare anche un giudice, quindi adesso tocca a me individuare il colpevole. Come al solito, in tutto e per tutto, c’è lo zampino e l’ingegno di quei pazzi degli antichi Greci. Il Nobel per un’invenzione tanto diabolica è vinto da Platone, che brevettò l’orologio ad acqua: quando questa raggiungeva una certa pressione, un meccanismo da lui ideato produceva un forte rumore. Successivamente, non risultando più sufficienti il “chicchirichì” di un gallo o il “din don” di campane, lo statunitense Levi Hutchins e il francese Antoine Redier inventarono la sveglia come la conosciamo oggi. Fortunatamente, qualcuno ha anche pensato di inserire il tasto snooze (sonnellino), con cui si può posticipare l’ora del risveglio. Pare che sia molto conveniente per lo studente medio premere questo pulsante, perché anche Cecco consiglia, in un simpatico meme su Internet, “S’i fosse sveglia, io posticiperei”, e Dante sembra d’accordo, perché “Nel mezzo del cammin di nostra vita… la voglia di studiare fu smarrita”. L’udienza è conclusa! Anche se in realtà vi ho detto una bugia: non voglio fare il giudice, ma il medico. Perciò penso che la mattina dovremmo sorridere alla sveglia, anche se non si desteranno tutte le duecentosei ossa, le sessantotto articolazioni, i seicento muscoli e i miliardi di neuroni, ma magari si “SVEGLIA LA VOGLIA”
Giada RubinoV B