//PRODOTTI TIPICI E VERE LECCORNIE DELLA TERRA AURUNCA

PRODOTTI TIPICI E VERE LECCORNIE DELLA TERRA AURUNCA

di | 2019-01-25T22:52:35+01:00 25-1-2019 21:33|Alboscuole|0 Commenti
di Guido De Fusco e Giuseppe Pio Di Benedetto (2^C e 2^D) – Gli aggettivi pianeggiante e collinare sono quelli che meglio rappresentano il territorio aurunco. Esso si sviluppa dai pendii del vulcano di Roccamonfina e del monte Massico e degrada in una pianura che ha per confini la costa tirrenica e le sponde del fiume Garigliano. Grazie alla sua formazione morfologica la terra aurunca è fertilissima. Inoltre, è ricca di aziende agricole gestite da grandi e piccoli agricoltori. Molti sono i frutteti, i vigneti e gli oliveti; molte sono le coltivazioni di ortaggi: cavolfiori, melanzane, peperoni, finocchi, rape e diverse varietà di insalata.  Con i loro colori e le loro sagome, vigneti e oliveti caratterizzano la campagna sessana. Nei campi i contadini ripetono i gesti tramandati di generazione in generazione. Anticamente, gli eccellenti prodotti del territorio aurunco erano destinati ad essere commercializzati in gran parte delle regioni italiane. Oggi, invece, la situazione è cambiata: questi ottimi prodotti stentano a trovare sbocchi commerciali  che la loro qualità meriterebbe. Le principali zone di produzione degli oli e dei vini sono: le colline del Massico, le pendici del vulcano di Roccamonfina e alcuni territori della pianura aurunca. Tra i vari vini che si producono quello più rinomato e conosciuto è il Falerno del Massico. È il vino più apprezzato e più noto dell’antichità. Oggi, il Falerno, è stato inserito tra vini italiani DOP e IGP e  continua a ricevere riconoscimenti in tutto il mondo. Ha colore rosso rubino inteso, decisamente fruttato. Apprezzato come il Falerno  è anche l’olio extra vergine di oliva (DOP) prodotto sulle colline aurunche.  I prodotti caseari della terra aurunca più noti sono: la scamorza, il caciocavallo, la ricotta, lo yogurt e, in particolar modo, la mozzarella, il caso ‘e marzo e il caso peruto. Secondo gli studiosi ci sono diverse ipotesi sull’epoca in cui fu inventata la mozzarella: secondo alcuni risale al tempo della colonizzazione greca e all’introduzione dell’allevamento del bufalo nelle colonie.  Altri, invece, suppongono che furono i Saraceni a trasferire i bufali prima in Sicilia e, poi, in terra aurunca, nella paludosa piana del Garigliano.  Il primo caseificio moderno, comunque, nacque nel secolo XVIII, grazie ai Borbone, che diedero vita, nella fertile piana dei Mazzoni, alla Reale Industria della Pagliara delle bufale. Il termine “mozzarella” deriva dal verbo “mozzare”, perché, durante la lavorazione, è proprio dall’iniziale grosso pezzo di cagliata filata che il casaro “mozza” la tipica forma tondeggiante. La materia prima di questo prodotto DOP è il latte di bufala intero fresco. Ha tipico colore bianco, crosta liscia e lucente, pasta fibrosa ed elastica impregnata di lievi sierosità biancastre.   Il caso ‘e marzo è prodotto con latte di pecora, di capra, o misto, coagulato con gli enzimi presenti nei fiori del cardo, pianta selvatica alquanto diffusa in tutto il territorio aurunco; è aromatizzato con un’erba spontanea, la pimpinella. Può essere mangiato fresco, semifresco o stagionato (la stagionatura è ottenuta tenendolo in vasi di terracotta chiusi e bagnandolo con olio di oliva ed aceto bianco).  Il caso peruto, invece, non è che il caso ‘e marzo stagionato per diversi anni, fino a farlo ammuffire.  Oltre ai formaggi, è possibile gustare e acquistare nelle botteghe di Sessa ottimi prodotti suini: la salsiccia, il capocollo, la soppressata, la ventresca (pancetta salata ed aromatizzata, preparata sia arrotolata che distesa) e la nnoglia, un insaccato fatto con le parti meno nobili del suino, cotiche, carne di scarto ed interiora, con l’aggiunta di peperoncino ed altre spezie. Caratterizzata da un gusto deciso e piccante, viene utilizzata sia per la  preparazione di tradizionali piatti di verdure, sia come ingrediente di succulenti ragù. La particolarità della squisitissima nnoglia prodotta nella Terra aurunca è che è preparata senza interiora e solo con cotiche, con l’aggiunta di sale, peperoncino, semi di finocchietto e di coriandolo;  sono da citare, inoltre, i sanguanati (sanguinacci), insaccati prodotti con sangue di maiale, riso, cacao, zucchero,  piccoli pezzi di lardo, uvetta passa e pinoli.  In alcune panetterie, poi,si possono acquistare pane squisito ancora lievitato con il lievito madre (in dialetto “crìscito”) e cotto in forni a legna, nonché prelibati prodotti da forno, come le pizze a taglio (con gusti classici o più innovativi), i calzoni e il calascione. A differenza del calzone, che ha comunemente la forma di una mezzaluna e che può essere variamente imbottito,  fritto o cotto nel forno, il calascione è più grande, ha forma rotonda ed è, esclusivamente, cotto nel forno. Può essere farcito con scarola, broccoli , fiori di zucca, salsiccia, olive, capperi, pinoli, aglio, alici dissalate.  Le festività dell’anno liturgico sono accompagnate da cibi e usanze che si tramandano di generazione in generazione e che identificano nel migliore dei modi il territorio aurunco. Le prelibatezze da assaporare sono molte e tra le più note ricordiamo nel periodo natalizio, gli struffoli, i roccocò, i mostaccioli, i susamielli, i pupatielli, gli auciàti (piccoli taralli infornati, subito dopo aver impastato insieme farina, acqua, vino bianco, olio,  pepe e semi di finocchietto) il baccalà e il suffritto (pietanza napoletana preparata con le frattaglie di maiale); le crespèlle, particolari ciambelline fritte e, poi, zuccherate,  vengono preparate per l’ultimo giorno dell’anno; le zeppole e la menestèlla (ceci e fagioli cotti separatamente in recipienti di argilla messi accanto alle  braci ardenti del camino; il giorno dopo, mischiati e ben conditi con il locale olio di oliva) per la festa di San Giuseppe: la lasagna, le chiacchiere e le castagnole, per il Carnevale. Per la Pasqua, l’agnello, la frittata con gli asparagi, i pani decorati con uova prima della cottura e a forma di ruota come la pigna, il cucariello (sempre a forma di ruota ma più piccolo, dono per i bambini), e la pupatella (a forma di bambola, per le bambine). Naturalmente, vengono preparate anche le pastiere, fatte sia con il grano che con il riso. Infine, per la festività della Madonna del Popolo, patrona della città di Sessa Aurunca insieme a San Leone, la cioccolata calda e gli gnocchi conditi con ragù di cotiche e costine di maiale.