di Miriam Rizzo, Alessio Capone, Samuele Indirli – Al giorno d’oggi, in una società progredita come la nostra, si giudica ancora negativamente e si guarda con molta diffidenza chi è ritenuto “diverso” per la propria cultura, per le proprie idee politiche, per la propria appartenenza religiosa, ma soprattutto per il proprio orientamento sessuale.
E questo avviene, nonostante che la legge ci dica che siamo tutti uguali.
L’articolo 3 della nostra Costituzione recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
L’Articolo 2 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo stabilisce che «ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate” dalla Dichiarazione stessa “senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione”.
Se ne deduce dunque che tutti i comportamenti discriminatori sono illegittimi perché compromettono l’essenza dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
Ma, al di là di quanto stabilisce la legge, siamo veramente uguali?
Alla base della nostra Costituzione c’è il principio del rispetto reciproco, ma come è possibile che tale principio venga realmente applicato se nella nostra società si giudica solo per l’aspetto esteriore o per le idee e non si apprezza ciò che di bello c’è in una persona?
L’idea del rispetto reciproco sancito dalla legge è solo un’utopia tra gli adulti come tra noi ragazzi:il diffusissimo fenomeno del bullismo (ovvero tutte quelle azioni di sopruso messe in atto da parte di un adolescente, definito “bullo”, o da parte di un gruppo, nei confronti di un altro adolescente percepito come più debole) cosa altro è se non il mancato rispetto di quei valori che ci vengono suggeriti dalla Costituzione e dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo?
E la situazione diventa ancora più grave quando, talvolta senza neppure rendersene conto, questi atteggiamenti si associano all’omofobia.
Già, proprio così! L’omofobia è un fenomeno presente nelle scuole più di quanto si pensi e si manifesta attraverso un rifiuto irrazionale, una forma di intolleranza e di odio nei confronti delle studenti omosessuali, o ritenuti tali, da parte di compagni che altro non sono se non vittime di una società eterosessista.
A queste persone andrebbe fatto sapere che i loro comportamenti sono classificabili come “omofobia”, che altro non è che un fenomeno clinico (fobia), ossia si tratta di una paura, un’incapacità, un limite personale.
L’omofobia implica effetti negativi non solo in chi la subisce come vittima, ma in colui che ne è affetto: l’omofobo viene colto da pensieri, idee, opinioni che provocano emozioni negative, quali ansia, paura, disgusto, disagio, rabbia, ostilità, malessere generale, incapacità di vivere serenamente le relazioni con gli altri. E allora conviene veramente essere omofobi?
Concludiamo, lanciando un appello alle vittime del l’omofobia: nonostante tutti i pregiudizi, non bisogna lasciarsi mai abbattere, ma bisogna denunciare.
Ogni essere umano è unico: rispettarne la diversità equivale a difendere la propria e l’altrui libertà.