Esistono delle scarpe la cui punta è divisa in due e ricordano quasi la forma del piede. Questo tipo di scarpa è un’idea antichissima ma è diventata popolare grazie a Maison Margiela, brand che ha ideato le Tabi. Sono state parecchio criticate, ma i giudizi negativi non ne hanno bloccato la popolarità sui social. Le prime Tabi erano dei calzini giapponesi, risalenti all’epoca dell’apertura del commercio con la Cina, quindi al 15esimo secolo. Per poter indossare i sandali infradito col Kimono, questi calzini erano dotati di una spaccatura sul davanti. Era comune la convinzione che indossarli avrebbe favorito l’equilibrio fisico e mentale, oltre che il contrasto delle malattie. Inizialmente, erano indossati solo dalle persone più in alto nella società e anche il colore ne indicava l’importanza sociale. Gli operai li potevano usare solo in occasioni speciali e obbligatoriamente blu e bianchi. Ai Samurai era concesso l’utilizzo di qualsiasi colore. Quest’invenzione rimase invariata fino al 1920 circa, quando un imprenditore giapponese aggiunse una suola di gomma e delle chiusure metalliche, chiamate Kohaze, per proteggere i piedi dei lavoratori. Anni dopo, questi modelli arrivarono anche negli USA e il definitivo ingresso nel mondo della moda si deve a Martin Margiela, che debuttò inserendo nella sua prima collezione un modello di Tabi. Questo modello venne poi ripreso da numerosi marchi di alta moda tra cui Prada. Ora sono diventate popolari, soprattutto grazie ai social, ma fino a qualche anno fa chi le indossava veniva costantemente deriso. Queste scarpe sono state capite per tanto tempo solo da chi la moda la studiava o la praticava quotidianamente.