//La gratuità spaventa

La gratuità spaventa

di | 2024-05-22T19:59:29+02:00 22-5-2024 19:59|Alboscuole|0 Commenti

“Mala tempora currunt” avrebbero detto i nostri genitori, o per i più giovani, i nonni.  Inutile chiedersi perché.

 Ma ci sono, tra guerre, violenza e orrori di ogni tipo dei piccoli segnali che spaventano, se possibile, ancor più di quegli orrori, perché ne sono il presupposto e l’inquietante premessa.

 Uno di questi in cui si imbatte chiunque si avventuri in una campagna di solidarietà quale una raccolta fondi (per quanto nobile possa essere la causa e certa la destinazione) è la superficialità della risposta.

Quando essa è rivolta a degli adolescenti frequentanti le scuole secondarie superiori ci si aspetterebbe un’adesione convinta vuoi per lo slancio altruistico che si attribuisce loro per definizione, vuoi per l’effetto trascinamento che i docenti in quanto educatori sono in grado di determinare. D’altronde sempre più giovani ( almeno in bacini d’utenza a noi noti) sono in grado di gestire più o meno piccole risorse finanziarie e fare autonomi acquisti personali in vari settori merceologici ( dalle sigarette, tradizionali o elettroniche, all’ abbigliamento, ai cosmetici, alle merendine), o/e di incidere sugli acquisti fatti dalle proprie famiglie per loro (bici, moto, auto, feste di compleanno, viaggi d’istruzione e non).

Ebbene, spesso ci si imbatte in ragazzi che rifiutano o glissano sulla risposta quando si chiede loro un gesto di solidarietà, anche il più semplice come partecipare a una colletta alimentare.

Superficialità? Egoismo? Pigrizia?

Forse. Noi crediamo che le ragioni sottese in tali atteggiamenti siano diverse e più profonde e investano la attuale deriva pedagogica sulla quale molti illustri intellettuali si interrogano mentre l’Assemblea delle Nazioni unite organizza il “ Summit sul futuro” in programma a New York il 22 e 23 settembre prossimi.

Se ogni giorno si avallano sistemi economici che combattono i poveri ma non la povertà e relazioni sociali basate su uno sterile do ut des,   se sempre più si cede al potere seduttivo dell’immagine e della gratificazione virtuale, non ci si può meravigliare di nulla.

Non serve far prediche. Non serve neppure una straordinaria(e teorica) lezione sul dovere di solidarietà politica, economica e sociale sancito all’art.2 della nostra straordinaria Costituzione.

I giovani, crediamo, hanno bisogno di modelli. Un adulto può trasmettere il valore della solidarietà e della gratuità solo se lo incarna, se lo traduce quotidianamente in gesti di gratuita solidarietà.

E dunque, cos’è un gesto gratuito? Noi crediamo sia un gesto che non pretende e non prevede un ritorno di alcun tipo, (neppure il grazie) e non inchioda l’altro al dovere della riconoscenza. Un gesto gratuito è un gesto che si fa per il gusto di farlo, per la profonda convinzione che sia giusto farlo, che non serve a sentirsi persone buone ma persone, esseri umani.

 E’ un gesto rischioso come ogni atto d’amore perché ci espone, ci mette a nudo e come ogni atto d’amore fa un po’ paura.

Anche riceverlo può spaventare perché apre una sequela infinita di domande sul perché lo riceviamo quasi non ci sentissimo degni di meritarlo.

La gratuità spaventa perché bisogna essere felici di ciò che si ha e di ciò che si è per non pretendere nulla dall’altro. Troppo spesso invece si ha bisogno delle conferme che vengono dall’esterno per avere di sé un’immagine che rassicuri. Ecco allora che all’altro si dà in proporzione a quanto si spera di ottenere in cambio. Se l’altro nulla può darci perde interesse.

Tuttavia talvolta qualcuno di gratuita solidarietà è capace. D’altronde le generalizzazioni non colgono mai la verità intera di una realtà complessa. E cosi spunta all’improvviso la ragazza che non t’aspetti alla quale avevi chiesto almeno   il pacco di pasta che aveva in casa che ti porta con semplicità l’esatta metà della spesa settimanale che sua madre aveva fatto ieri, tornando dal lavoro.