Giuseppe Impastato, noto a tutti come Peppino, nacque il 5 Gennaio del 1948, a Cinisi. Suo padre era Luigi Impastato, mentre sua madre era Felicia Bartolotta. Suo padre era un mafioso, mandato al Confino durante il periodo fascista, mentre il cognato del padre era il boss Cesare Manzella. Giuseppe era un poeta italiano, un giornalista e un attivista che si oppose alla mafia. Per questo, sebbene ancora giovane, fu cacciato via di casa dal padre. Nel 1965 fondò il giornalino “L’idea socialista”, entrando a far parte del Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria. Nel 1976 fondò anche Movimento e Cultura e Radio Aut, che lui stesso finanziava, in cui denunciò i crimini mafiosi, facendo nomi e cognomi. La vita di Peppino venne tragicamente interrotta nella notte tra l’8 e il 9 Maggio 1978, quando venne ucciso e il suo corpo ritrovato sui binari della ferrovia, facendo credere che l’omicidio fosse in realtà un suicidio. Peppino fu ucciso dalla mafia, picchiato a morte e fatto saltare in aria con sei chili di tritolo. Peppino combatté sempre contro la mafia, una forma di criminalità organizzata, che nacque proprio a Palermo e Agrigento nel 1812, dopo l’abolizione del sistema feudale. La mafia siciliana è anche detta “Cosa Nostra” e per anni e anni ha agito sempre in segreto; la verità verrà infatti portata a galla dalle forze di polizia. La mafia è un fenomeno che dobbiamo combattere fin da ragazzi, informandoci su cosa essa sia e su cosa essa provochi nella società. Come ho già detto, Peppino fu anche un poeta e scrisse molte poesie. Vorrei concludere questo testo facendo un omaggio a Peppino con una delle sue composizioni che più mi hanno toccato il cuore.
“Passeggio per i campi
con il cuore sospeso
nel sole.
Il pensiero,
avvolto a spirale,
ricerca il cuore
della nebbia”.
Peppino, con questi brevi versi ci riporta a un mondo lontano dal caos cittadino, dalla frenesia, dal male. Ci immerge in un quadro naturalistico in cui dovremmo imparare a comprendere le cose e a sentirle per la loro naturale essenza. Non è facile però, se non ci si mette nei panni di un bambino che, con la sua ingenuità, la sua curiosità, la sua spontaneità fa ritrovare in noi adulti la purezza di cui ogni cuore ha bisogno. Come affermava Peppino “se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante nel davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore”.